Dentro l’anima di una città: Anna Riva racconta la Piacenza che vive nelle carte

Matteo Prati
|1 settimana fa
Dentro l’anima di una città: Anna Riva racconta la Piacenza che vive nelle carte
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Studiare la storia di una città significa restituirle profondità, voce e identità. È un modo per capire chi siamo attraverso ciò che abbiamo ereditato. Di questo e molto altro ha parlato Anna Riva, direttrice dell’Archivio di Stato di Piacenza, ospite della trasmissione “Lo Specchio” di Telelibertà . Riva ha raccontato alla giornalista Nicoletta Bracchi perché la memoria è un bene prezioso e perché gli archivi non sono luoghi polverosi, ma il battito della nostra storia collettiva. La passione di Anna Riva per Piacenza nasce presto. «Mi occupo di storia piacentina dall’89, quando iniziai a lavorare sulla mia tesi di laurea a Pavia. Dal 2003 sono archivista e dal 2020 ho l’onore di dirigere l’Archivio di Stato. Un privilegio e una fortuna, faccio un lavoro che amo e che farei anche nel tempo libero». Oltre alla direzione dell’Archivio di Stato, Riva collabora, dal 2013, con l’archivio del Capitolo di Sant’Antonino. «Conosco questi fondi quasi come una seconda casa. Qui dentro c’è la memoria di tutti».
La direttrice sfata con decisione il luogo comune sugli archivi: «Si pensa che ci siano solo polvere e scartoffie, ma in realtà qui c’è la storia che continua a parlare. Ricostruire le vicende delle persone vuol dire capire la città e chi l’ha abitata. Il Medioevo è il periodo che più mi affascina, troviamo una Piacenza vivacissima, nodo di passaggi e commerci. Eppure ogni epoca ha qualcosa di straordinario: l’età napoleonica, la città Primogenita, la ricostruzione dopo la guerra. È la città in cui vorrei sempre vivere. Siamo in un certo senso dei detective della storia». Negli ultimi anni l’Archivio di Stato ha scelto di aprirsi alla città: «Lo abbiamo trasformato in un luogo vivo. La risposta dei piacentini è stata notevole: oggi, grazie ad uno staff molto competente, accogliamo almeno 1.500 studenti all’anno». Riva ricorda alcune delle scoperte più sorprendenti: «Ho studiato la biblioteca medievale di Sant’Antonino, un patrimonio fatto di minuscoli libri scolastici, volumetti di appena dieci per otto centimetri, che rappresentano un unicum a livello mondiale. Oppure la ricetta degli anolini del 1797, con midollo di manzo, salsiccia speziata, pane bianco, uova e formaggio: un tesoro gastronomico».
Tra i progetti più affascinanti, lo studio del Registrum magnum: «È il riflesso del Medioevo tra le carte. Vi compaiono papi, imperatori, contratti, diritti d’acqua, ma anche la via Francigena. Stiamo lavorando per digitalizzarlo entro la primavera del 2026». Nel 2021 ha curato la mostra “Piacenza in bicicletta”: «Abbiamo ricostruito la storia di aziende come Omega o Arbos attraverso le loro biciclette, che sono diventate esse stesse dei documenti. Mio fratello gemello, Pietro, mi ha aiutata». Preziosa è la collaborazione con l’archivio di Libertà, definito da Anna Riva “uno specchio del secolo breve”: «Lì abbiamo ritrovato persino una importante rassegna sullo sbarco sulla Luna». Il suo sguardo sul futuro della città è chiaro. «Vorrei che Piacenza non perdesse mai la memoria. Gli archivi vanno custoditi come il “gambino di un santo”».
Le puntate di “Lo specchio di Piacenza” sono disponibili on demand su Liberta.it.
Una passione nata dopo un inizio difficile
Curiosamente, la passione di Anna Riva per lo studio non è stata immediata. «Al liceo non ero certo una studentessa modello, facevo disperare tutti e applicarmi non era il mio forte. Dopo la maturità, però, grazie al professor Vittorio Anelli e poi all’ambiente dell’Università di Pavia, ho scoperto il piacere vero dell’approfondire, del capire, del dedicarmi con passione a ciò che studiavo». Mi sono laureata in filologia medievale: la curiosità è sempre stata il mio motore. La svolta? La lettura de “Il nome della rosa”, lo comprai un’estate a Sestri Levante, mi ha aperto un mondo».
Anna conserva passioni che raccontano il suo rapporto con la cura e l’attenzione al dettaglio: il cucito, il ricamo, la montagna, la cucina. «Sono attività che mi rilassano e mi riportano all’ordine dei gesti antichi, un po’ come il lavoro in archivio». Ma l’Archivio non racconta date memorabili: «Custodisce anche le storie delle persone “comuni”, spesso invisibili nei libri di storia, troviamo le vite di chi non compare mai nei testi ufficiali: donne, bambini, persone marginali. Sfogliare quei documenti è commovente».