Se non vi siete un po’ commossi ascoltando “Now and Then”, allora avete un cuore nero

Una delle prime biografie beatlesiane da me acquistata alla Music Boutique di Londra s’intitolava “The Beatles after The Beatles“. Titolo azzeccatissimo anche per l’ultima canzone inedita, l’ormai celebre Now and Then. Perché sì, ha ragione il mio ex compagno di banco del ginnasio, Alessandro Romanello, quando proustianamente scrive: “Now and Then è il tempo ritrovato dei Beatles. La loro vera storia comincia adesso”. Ma ad aver ancor più ragione, è il mio amico fraterno Alberto Dosi, che mi invia un messaggio quasi in diretta: “La voce di Lennon mi ha commosso”.
Perché sì, partiamo da qui: se il brano non vi infonde un briciolo di emozione, allora significa che possedete un cuore nero.

Dopo tante recensioni e scambi d’opinioni (anche accese) sui social mondiali, io ho lasciato sedimentare il mio ascolto (i miei ascolti) e ritrovato, al di là dell’emozione, tantissime cose delle sonorità che amo da sempre: Paul e Ringo che inseriscono il glissato discendente di I Am The Walrus alla fine del ponte; i cori che ti stringono i polsi e ti trascinano subito al 1968; i riff di chitarra dell’amato George; gli archi (un assaggio di violini) in misura tale che sarebbero piaciuti sia a George Martin che a Phil Spector. Come a unire Israele e Palestina in un sol colpo!
Non procedo nell’elenco perché le cose vanno lasciate sedimentare, ancora di più. Soffermarsi su quella che, secondo alcuni, è un’operazione straordinaria (comunque la si pensi, la è) e secondo altri un’operazione inutile (anche un tramonto può esserlo, se non si guarda il cielo) sarebbe ripetitivo. Tutti sappiamo già tutto: chi ha fornito la demo a metà degli anni Novanta, chi ha deciso di lavorarci e, soprattutto, perché.
Ed è qui, che vi voglio. Il messaggio d’amore è rivolto a noi, a noi che abbiamo amato i Beatles da sempre e abitiamo in quel mondo che non somiglia neppure lontanamente al messaggio di pace di Lennon, di amore e musica di Paul e Ringo, di spiritualità di Harrison. Ma il punto è proprio questo: ce n’è bisogno, eccome!
Facciamo come dice Alessandro: ripartiamo da qui.

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