Sognando una Cittadella del Rock, che a Bergamo entra in Conservatorio

Nelle ultime settimane – ma in realtà se ne parlava da alcuni anni – tra gli appassionati di musica rock a Piacenza, ed in particolare sulle pagine di “Libertà”, si è discusso dell’ipotesi di un Museo del Rock nella nostra città.
A Chiari, graziosa località in provincia di Brescia, ADMR, presieduta da  Maurizio Mazzotti, in 25 anni ha portato lì più di 100 artisti mondiali particolarmente significativi in concerto. L‘associazione, che per il futuro si prefigge anche di realizzare una Cittadella della musica e da poco ha fondato una web radio con noti critici musicali italiani, si  pone l’obiettivo di informare e diffondere la musica rock alle nuove generazioni. Sul sito e su App gratuita si possono infatti già ascoltare molte trasmissioni (e podcast in archivio), alcune ideate come veri e propri excursus storico-tematici come questa.

Domenica scorsa il presidente Maurizio Mazzotti ha ospitato, nel suo programma “My  Generation”, il coordinatore del Dipartimento musica pop rock del Conservatorio  Donizetti di Bergamo, Fabio Piazzalunga, che ha presentato il neonato Dipartimento di  chitarra, pianoforte, tastiere, batteria, canto e basso elettrico.
“Poche istituzioni, in Italia, possono vantare questo percorso di studio, correlato da tutte le altre discipline – ha spiegato Piazzalunga – A Bergamo, tutto è nato dal Dipartimento jazzistico. Abbiamo allievi di ogni età, dai 16 anni agli anta, e si inizia dai corsi propedeutici di base per chi vuole approcciarsi allo studio della musica, prima di iscriversi al triennio e frequentarlo a livello universitario. Non tutti ragazzi provengono da una formazione  classica, tanti hanno talento ma non hanno elementi per consolidarlo, per riuscire a svilupparlo perché diventi una professione. Il fatto di poterlo consolidare in un ambiente storico come il Conservatorio, tramite una didattica consolidata, è importante”.


Al giorno d’oggi, poi, è necessario sviuppare anche capacità di management ed altre in settori professionali che è difficile formarsi da soli.
E se studiare il Rock nei Conservatori può, forse, fare un po’ accaponare la pelle ad alcuni, ad altri si potrà sformare una smorfia per la ragione contraria. Peccato, però, che nel resto del mondo, ed in particolare nelle grandi città metropolitane, ormai da tempo ai percorsi di musica classica e jazz vengano offerti quelli pop-rock. Per una cultura completa, qualunque sia la scelta dello studente, e soprattutto per un visione più ampia delle sue future possibilità di lavoro. Che si tratti di palcoscenici teatrali, locali, scuole, case discografiche e ambiti legati al cinema ed alla multimedialità.
Sarebbe utile, ormai in Italia, evitare di ricorrere sempre e soltanto al metodo autodidatta da un lato o di cadere in antichi snobismi dall’altro.
Un plauso, dunque, al Conservatorio di Bergamo.

 

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