Nel 2018 la caserma Levante aveva ricevuto l’encomio solenne per la lotta allo spaccio

24 Luglio 2020 13:41

Due anni fa, il 5 giugno 2018, la stazione Levante di Piacenza, finita sotto sequestro dopo l’arresto di sei carabinieri, ricevette un encomio solenne in occasione delle celebrazioni per l’anniversario dell’Arma. Il comandante della Legione Emilia-Romagna premiò i militari a Bologna con la seguente motivazione: “per essersi distinti per il ragguardevole impegno operativo ed istituzionale e per i risultati conseguiti soprattutto nell’attività di contrasto al fenomeno dello spaccio di sostanze stupefacenti”.

IL SEQUESTRO – Il 21 luglio 2020 la caserma è stata sequestrata dalla procura, primo caso in Italia. E’ un mondo capovolto quello descritto nelle 326 pagine dell’ordinanza del giudice per le indagini preliminari Luca Milani che, attraverso le migliaia di conversazioni intercettate in sei mesi dalla guardia di finanza, illustra ciò che avveniva alla caserma Levante di via Caccialupo a Piacenza. “Lì dentro non c’era nulla di legale” aveva dichiarato in conferenza stampa il procuratore capo Grazia Pradella.

IL GIOVANE MILITARE – “Qui non mi piace non ci voglio restare, è tutto un “aumm aumm” (espressione napoletana per dire che si svolge un compito mettendosi d’accordo irregolarmente). Se lo possono permettere perché fanno un sacco di arresti ma sai come fanno? Hanno i ganci”. Aveva capito tutto un giovane maresciallo in servizio alla Levante. Il giovane militare al telefono aveva riferito al padre, ex carabiniere, le sue sensazioni.
In base alle accuse, i militari coinvolti in un giro di spaccio, arrestavano pusher per mostrarsi più bravi di altri colleghi e per recuperare lo stupefacente da far gestire ai loro uomini di fiducia. Per convincerli a confessare li picchiavano brutalmente e li minacciavano. Ai pm di turno raccontavano menzogne. Secondo quanto riportato dal gip, i superiori erano disposti a chiudere un occhio sulle irregolarità proprio in virtù dell’elevato numero di arresti che dava lustro alla caserma.

FESTINI E ASSENTEISMO – Nell’ordinanza si legge anche di lunghi pranzi in ristoranti della provincia, pomeriggi al bar o acquisiti nei negozi in orario di servizio e sui verbali i carabinieri scrivevano di aver svolto pedinamenti. Nell’ufficio del comandante, a sua insaputa, sarebbe stato organizzato anche un festino con una escort.

LE ORDINANZE E LE REAZIONI – Il risultato come noto è di cinque carabinieri in carcere (Salvatore Cappellano, Angelo Esposito, Giacomo Falanga, Giuseppe Montella, Daniele Spagnolo), il comandante della Levante, Marco Orlando è ai domiciliari, quello della Compagnia di Piacenza, Stefano Bezzeccheri ha l’obbligo di dimora, altri tre carabinieri hanno l’obbligo di firma (Lorenzo Ferrante, Giovanni Lenoci e Angelo Minniti). L’uomo considerato leader del gruppo, Giuseppe Montella, al momento dell’arresto si è mostrato impassibile, qualcuno dei colleghi è scoppiato in lacrime ascoltando i capo di imputazione che includono, tra gli altri, traffico di sostanze stupefacenti, torture, estorsione, ricettazione, truffa ai danni dello Stato. Di falsità ideologica è accusato un finanziere, Marco Marra, sottoposto all’obbligo di firma. Anche sette civili sono finiti in manette e altri cinque sono indagati con l’accusa di spaccio di droga. Nell’ordinanza è riportata anche la foto di due carabinieri sorridenti insieme a due soggetti indagati per spaccio con in mano del denaro. “Un’immagine che conta più di mille parole” scrive il gip Luca Milani.

IL LEADER DEL GRUPPO – Il leader del gruppo, l’appuntato Giuseppe Montella, aveva un tenore di vita particolarmente elevato: villa con piscina in campagna, undici auto cambiate nel giro di 9 anni, 24 rapporti aperti con banche altre società. Inoltre aveva nascosto denaro in una cassaforte della caserma Levante, “un luogo sicuro” come diceva a un collega non sapendo di essere intercetto. Tutto è stato sequestrato.

LA DEDICA DEL GIP  – L’ordinanza è stata firmata il 19 luglio, anniversario della morte del giudice Paolo Borsellino e della sua scorta. “Servitori dello Stato che persero la vita compiendo il proprio dovere – scrive il gip – A loro si dedica questo atto di giustizia”.

ALTRE INDAGINI – Oltre all’indagine coordinata dalla procura di Piacenza, anche la procura militare di Verona ha aperto un fascicolo ed è stata avviata un’inchiesta interna all’Arma.

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