Doveva vigilare ma ha provato a rubare: nei guai un addetto alla sicurezza

18 Novembre 2020 12:47

Era stato assunto allo stabilimento Amazon di Castel San Giovanni in qualità di addetto alla sicurezza, ma al posto che vigilare ha tentato di impossessarsi di uno smartphone dal valore di circa mille euro. Si tratta di un 36enne residente a Castello, il quale è stato subito scoperto. L’episodio è accaduto ieri sera nella sede dello stabilimento, più precisamente nell’area dove vengono custoditi apparecchi e oggetti di particolare valore. Il giovane, durante il suo turno di lavoro, verso le 19.30, si è introdotto in quell’area senza giustificato motivo. Qui è stato notato da alcuni suoi colleghi mentre infilava nella tasca posteriore dei pantaloni una piccola confezione. L’uomo, alla fine del proprio turno di lavoro, si è quindi diretto all’uscita ma è stato fermato dai suoi stessi colleghi, che nel frattempo avevano avvisato il 112. Sul posto così sono intervenuti i carabinieri della stazione di Castel San Giovanni che, dopo aver trovato all’interno del suo zaino lo smartphone, lo hanno denunciato per tentato furto.

Sabato sera, invece, in via Colombo a Piacenza, i carabinieri della sezione Radiomobile della compagnia di Piacenza, a bordo di un’auto, insieme a due connazionali, hanno fermato e bloccato un 35enne disoccupato con precedenti penali, nato in Albania e domiciliato in città. A suo carico pendeva un’ordinanza di custodia cautelare dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria emessa dal Gip del tribunale di Piacenza, perché ritenuto responsabile di furto aggravato in concorso. Lo straniero mancava all’appello quando, il 27 ottobre 2020, i militari del comando provinciale di Piacenza e della compagnia di Fiorenzuola hanno eseguito le ordinanze della cosiddetta operazione “Xpo”. Quel giorno erano state eseguite cinque ordinanze di misura cautelare agli arresti domiciliari e 14 all’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. L’indagine aveva permesso individuare un gruppo di soggetti, tra cui numerosi dipendenti di una logistica di Pontenure, i quali, nel corso dell’orario di lavoro, si impossessavano di capi di abbigliamento, profumi e cosmetici – di grandi marchi nazionali e internazionali – per poi rivenderli a ricettatori locali in grado di immetterli nel mercato clandestino.

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