Bimbo salvato: papà realizza 600 bottiglie di vino e dona il ricavato alla Pediatria

28 Settembre 2022 10:58

A guardarlo oggi, mentre sgambetta vivace nel corridoio della Pediatria dell’ospedale di Piacenza, in attesa di uno dei suo normali controlli periodici, sembra un bimbo normalissimo. A tradire la sua condizione di piccolo paziente c’è però un tubicino che entra nel naso e che è come un’arma magica che gli consente di vivere e crescere come ogni altro suo coetaneo. È difficile immaginare che, dietro la sua vispa energia, c’è una storia che speciale che racconta di una malattia difficile da diagnosticare e di un’equipe (quella guidata dal professor Giacomo Biasucci) che è riuscita a gestire una situazione che all’inizio è stata abbastanza critica.

“Nel dicembre 2020 – racconta la mamma Lucia – il piccolo ha avuto sintomi apparentemente influenzali. Dopo una serie di esami e visite specialistiche, nonché un lungo ricovero, abbiamo avuto una diagnosi. Il nostro bimbo, che allora aveva solo pochi mesi, è affetto da una malattia grave del metabolismo, la glicogenosi tipo 1”.
“Si tratta – spiega il direttore di Pediatria e Neonatologia Biasucci – di una patologia rarissima, congenita, che colpisce il metabolismo dei carboidrati. Si calcola che interessi un bambino ogni 50/100mila nati all’anno. Questi neonati non possono trasformare qualsiasi tipo di substrato energetico in glucosio. Com’è noto, il glucosio è il carburante per tutte le nostre reazioni biochimiche, per tutto il nostro fabbisogno energetico, per qualsiasi esigenza del nostro organismo. È quindi facile intuire come questa malattia metabolica possa colpire l’organismo. Si crea il rischio di gravi ipoglicemie se i bimbi non si alimentano ogni 2 ore e mezza o tre ore, soprattutto nei primi mesi di vita”.
“Il problema – aggiunge Biasucci – è che spesso la diagnosi viene fatta quando le conseguenze neurologiche delle ipoglicemie sono talmente avanzate da condizionare uno sviluppo neuropsicomotorio nelle epoche successive. La vera sfida per questi bambini è riuscire ad avere invece una diagnosi precoce, in tempi estremamente rapidi. In questo modo i piccoli pazienti vengono messi in sicurezza, in modo di garantire un equilibrio glicemico e metabolico per tutta la vita, sia di giorno, sia di notte. Purtroppo la conoscenza delle malattie metaboliche ereditarie è riservata a pochissimi esperti in Italia ed altyrettanto rari sono, in Italia, i Centri clinici di riferimento per queste patologie, tra i quali anche la nostra unità operativa”. La storia del bambino insegna proprio questo: grazie alla diagnosi precoce dell’equipe di Biasucci, oggi il bambino può condurre una vita quasi normale.

“È evidente che, se di giorno un bambino si alimenta regolarmente ogni tre ore, di notte il problema sussiste perché ha bisogno di dormire. Come nel caso del piccolo paziente, si usa un sondino posizionato attraverso il naso nello stomaco e garantisce, attraverso una pompa, un’infusione continua di latte o comunque di sostanze che liberano glucosio in modo tale che la glicemia del bambino, anche di notte, venga mantenuta in perfetto equilibrio. Tutto questo garantisce nel tempo uno sviluppo non soltanto somatico (in altezza e peso) ma anche neuromotorio adeguato”.

“Il rischio per questi bimbi – conclude il primario – se non diagnosticati precocemente, è legato a danni di organo, in particolare a livello del fegato: il glicogeno si concentra a livello epatico e quindi il fegato aumenta di dimensioni e, nel tempo, se non adeguatamente trattati con un equilibrio glicemico monitorato anche in continuum come nel caso del figlio di Lucia, ci possono essere conseguenze anche su altri organi legati a un non adeguato equilibrio glicemico”. Insomma, la sfida, con i bambini affetti da glicogenosi, è quella di garantire che la glicemia sia il più possibile in un range di normalità, per preservare organi per tutta la vita da eventuali danni.

“Per i genitori – evidenzia Biasucci – si tratta di un percorso sicuramente complesso dal punto di vista psicologico, soprattutto all’inizio, e gestionale, in particolare nelle prime epoche di vita. Dover monitorare attentamente e stare attenti che il bimbo non incorra in ipoglicemia è qualcosa di estremamente impegnativo per i caregiver”. “Marco oggi ha due anni – spiega la mamma – e sta bene, convive con questa malattia difficile per lui perché ancora non capisce che deve mangiare ogni tre ore”. Anche per i genitori del bimbo non è stato facile gestire il percorso di esami, visite e controlli. “La Pediatria è il nostro punto di riferimento. Aver diagnosticato la malattia allo stadio precoce ci ha permesso di affrontarla nel migliore dei modi. Per questo siamo consapevoli dell’importanza che ha avuto l’equipe nella presa in carico del nostro bambino”.

Per diffondere la conoscenza si questa malattia rara e per ringraziare i sanitari che hanno in cura il piccolo, la famiglia ha attivato nei mesi scorsi un’iniziativa molto particolare. Attraverso l’azienda di famiglia, la Cantina Savini, papà Paolo ha prodotto 600 bottiglie di ottimo vino rosso. Un’edizione limitata diffusa tra amici e conoscenti che ha permesso di raccogliere 4mila euro da donare al reparto.

 

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