La storia di don Borea nelle mani di Papa Francesco. Il nipote: “Emozione unica”

12 Aprile 2023 12:44

“Un’emozione fortissima, ho pianto dalla gioia dopo aver realizzato che ho avuto l’opportunità di raccontare a Papa Francesco il sacrificio di don Borea” le parole del manager piacentino Giuseppe Borea, nipote dell’omonimo parroco di Obolo che durante il secondo conflitto mondiale è stato ucciso da un plotone di esecuzione nazifascista.

La storia di un uomo che si è sacrificato per salvare la propria comunità nelle mani di Papa Francesco. Giuseppe Borea ha infatti avuto la possibilità di incontrare il papa al termine dell’udienza generale di questa mattina e consegnargli il libro “Giuseppe Borea. Quando l’amore è più forte dell’odio” che racconta il coraggio e l’altruismo di don Giuseppe Borea, parroco di Obolo ucciso dalle truppe nazifasciste il 9 febbraio 1945.

“Muoio innocente. Perdono di cuore a coloro che mi hanno fatto tanto male e anche a voi che dovete sparare. Offro la mia vita per la pace e la grandezza della Patria” le ultime parole di don Borea dette, stringendo in mano un crocifisso, davanti ai sui carnefici. Don Borea fu nominato parroco di Obolo, la più alta delle frazioni di Gropparello nel 1937, all’età di 27 anni. Scelse subito da che parte stare e diventò cappellano partigiano nella trentottesima Brigata della divisione Val d’Arda. Il 27 gennaio 1945 venne arrestato da tre uomini della guardia nazionale della Repubblica di Salò e sottoposto a un processo sommario nel quale non gli venne data la possibilità di difendersi dalle false accuse. La sentenza di condanna a morte era già stata scritta e vane furono le domande di assoluzione presentate dalla Diocesi piacentina.

“Scelse di non scappare perchè così facendo ci sarebbero state delle ripercussioni sulla comunità che proteggeva – spiega il nipote – ho detto a Papa Francesco che don Giuseppe era un prete umile di montagna e di tutti. Un parroco che ha abbracciato i valori della Resistenza e della libertà, ma che non ha mai negato il suo aiuto a nessuno, indipendentemente dalla divisa”.

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