Pioggia artificiale, così gli Emirati arabi combattono caldo e siccità

28 Luglio 2021 09:00

In breve:

  • Gli Emirati arabi generano pioggia artificiale per combattere il caldo
  • I droni rilasciano scariche di elettricità nelle nuvole
  • La tecnologia è frutto di una collaborazione con l’Università di Reading
  • In realtà la pioggia artificiale esiste da decenni

A metà luglio gli Emirati arabi uniti hanno assistito ad un fenomeno insolito. Un violento temporale nei pressi di Abu Dhabi e in alcune aree del deserto, in uno dei luoghi meno piovosi della Terra. Cambiamento climatico? Sì, ma stavolta generato direttamente dall’uomo. Le recenti piogge sarebbero infatti il prodotto delle ultime tecnologie per la creazione di pioggia artificiale sviluppate dal governo degli Emirati (in collaborazione con una università inglese). Ecco cosa è accaduto e come hanno fatto.

Negli Emirati arabi piove sull’asciutto

Il 15 luglio il Centro nazionale di meteorologia degli Emirati arabi uniti ha pubblicato su Instagram alcuni video di violenti piogge che si sono abbattute sulle autostrade e le aree desertiche vicino ad Abu Dhabi. Ebbene, quelle violenti piogge erano artificiali. Generate dall’uomo, non dalla natura, o quantomeno non solo. Il paese arabo da anni sta investendo notevoli fondi sui programmi di “inseminazione delle nuvole”, pratica nota come “cloud seeding”. Per gli Emirati arabi uniti e non solo questa potrebbe rappresentare una tecnologia determinante per combattere l’aumento delle temperature e la siccità nei territori, rendendo i luoghi più vivibili e sostenibili per i cittadini.

Un’assetata popolazione in continua crescita

La popolazione degli Emirati è raddoppiata tra il 2005 e il 2010, quando ha raggiunto gli 8,3 milioni di persone. Secondo i rapporti governativi la domanda di acqua era aumentata già allora di un terzo, il che dà un’idea della sete che colpisce il Paese ora che la popolazione sfiora i 10 milioni. La domanda di acqua viaggia sui 4 miliardi di metri cubi ogni anno ma addirittura il 42% di quella potabile deriva dall’attività di 70 impianti di desalinizzazione (che prendono l’acqua salata e la rendono utilizzabile per scopi alimentari). Non meraviglia quindi che nel solo 2017 la monarchia abbia investito circa 15 milioni di dollari in nove differenti programmi per la creazione di piogge artificiali, uno dei quali ha portato alla tecnologia utilizzata nelle scorse settimane.

Le immagini delle piogge registrate negli Emirati arabi uniti a metà luglio

Scariche elettriche in cielo per far piangere le nuvole

A differenza delle tecnologie già note, gli Emirati arabi stanno decidendo di puntare sulla nuova frontiera del “meteo artificiale”, quella che evita le sostanze chimiche e utilizza l’elettricità. Secondo le ricostruzioni il governo avrebbe utilizzato dei droni per rilasciare delle scariche elettriche all’interno delle nuvole. La scarica elettrica costringerebbe le particelle di acqua presenti nelle nuvole a combinarsi l’una con l’altra, dando vita a particelle di dimensione più grande. In questo modo invece di evaporare a causa delle alte temperature le particelle d’acqua, divenute più pesanti, vengono scaricate sul terreno dando vita a che a violenti fenomeni atmosferici come quelli che si sono registrati nelle scorse settimane ad Abu Dhabi.

Una tecnologia “Made in Regno unito”

La tecnologia è stata sviluppata principalmente dall’Università di Reading, nel Regno unito. In un servizio pubblicato a fine maggio, il quotidiano degli Emirati “The National” ha dedicato ampio spazio agli esperimenti condotti dalla dottoressa Keri Niccoll: “Stiamo facendo un qualcosa di completamente differente”, raccontava la professoressa. “Usiamo un piccolissimo velivolo, il che significa che le operazioni sono molto meno costose, e stiamo semplicemente caricando qualcosa che è già lì”. Il riferimento è alle scariche elettriche rilasciate nelle nuvole e all’assenza di ulteriori sostanze chimiche nel processo. Pochi giorni prima ne aveva parlato anche la Cnn, intervistando la stessa Niccoll e descrivendo nei dettagli il drone utilizzato, con apertura alare di circa due metri e una autonomia di oltre 40 minuti.

Galeotto fu l’incontro di maggio all’Università di Reading?

Acquista ancor più significato l’incontro tenutosi il 27 maggio 2021 presso l’Università di Reading, nel Regno unito, tra i vertici della facoltà di climatologia e l’ambasciatore degli Emirati arabi uniti Mansoor Abulhoul. Nel comunicato ufficiale dell’Università infatti si legge che “L’ambasciatore ha visitato il Dipartimento di meteorologia dell’università per conoscere l’innovativa ricerca relativa alla pioggia e all’elettricità nelle nuvole”. Non solo: “Lo studio è parte di un più grande progetto finanziato dagli Emirati arabi uniti per esplorare nuovi modi per comprendere e potenzialmente migliorare i modelli di precipitazioni”. Proprio lo studio in questione prevedeva l’utilizzo di droni in grado di trasmettere scariche elettriche direttamente all’interno delle nuvole per “influenzare le condizioni che portano alla pioggia”. L’Università di Reading, proprio per approfondire questo tipo di tecnologie, nel 2017 aveva ricevuto dagli Emirati 1,5 milioni di dollari sotto forma di finanziamento. L’idea sottostante la pioggia artificiale indotta elettricamente risale addirittura a due anni prima, nel 2015, ed è stata proprio pubblicata in una ricerca dell’Università di Reading.

Un servizio dell’emittente tedesca Deutsche Welle sulle tecnologie di “inseminazione delle nuvole” (sono disponibili i sottotitoli in italiano)

La pioggia artificiale è praticata da tempo

I primi tentativi di generare pioggia artificialmente risalgono addirittura al 1891, quando un gruppo di pionieri capitanati da Robert Dyrenforth tentarono di far piovere in Texas facendo sollevare in cielo candelotti di dinamite tramite aquiloni e palloni aerostatici e quindi esplodere in quota. Loro sostenevano infatti che le onde d’urto dell’esplosivo avrebbero “scosso” le nuvole provocando un temporale. L’idea verrà archiviata dalla scienza. Esperimenti più “ortodossi” sono stati condotti nel 1946 dal chimico Vincent Schaefer, che ha sperimentato l’utilizzo di ghiaccio secco o ioduro d’argento per combattere la grandine e trasformarla in più innocua pioggia. L’ingegneria climatica negli scorsi decenni ha avuto sempre più applicazioni, come ad esempio in Cina, dove si prevede che entro il 2025 il governo riuscirà a controllare piogge artificiali per una superficie pari a 580mila chilometri quadrati (provocando qualche malumore all’interno delle istituzioni europee). Gli stessi Emirati hanno sperimentato la creazione di pioggia artificiale, anche se con una tecnologia comprendente sostanze chimiche, anche prima del 2010, ma sono decine i Paesi del mondo che hanno perlomeno sondato questo campo con esperimenti e test.

Un servizio della CNN risalente al 2016 nel quale si racconta come gli scienziati stanno cercando di “creare” pioggia ad Abu Dhabi

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