Sono venti milioni i robot al lavoro. “Amici degli uomini, non tolgono occupazione”

23 Maggio 2022 04:59

Non si è mai risolto un grande dilemma, che ha accompagnato soprattutto i periodi di crisi: i robot tolgono lavoro agli uomini e producono più disoccupazione?
Una risposta definitiva non è ancora possibile, ma ricerche e studi recenti sembrano portare a un chiaro “no”.
Un primo dato: i Paesi con il più basso tasso di disoccupazione sono quelli che hanno il maggior numero di robot installati, Corea del Sud, Singapore e Germania, rispettivamente 631, 488 e 309 robot installati ogni 10 mila addetti.
“Questo perché – spiega uno studio di Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche (Inapp), Università di Trento e dell’Istituto di statistica della Provincia di Trento (Ispat) – i posti di lavoro destinati agli “addetti ai robot”, ossia a tutte quelle figure professionali che, a diversi livelli, si occupano della programmazione, dell’installazione e della manutenzione dei robot, sono aumentati di circa il 50% in poco meno di dieci anni, con un aumento significativamente maggiore nelle aree caratterizzate da un ricorso più intenso ai robot industriali”.
Ad essere più penalizzati sono coloro che hanno mansioni prettamente fisiche, ma l’effetto sull’occupazione appare sempre più ridotto, perché si tratta di personale poco qualificato e anziano, prossimo in molti casi a uscire comunque dal ciclo produttivo. E quando non è così, il lavoro in molti casi non si cancella, ma si sposta su altre mansioni.
Attualmente sono circa 20 milioni i robot sparsi sul pianeta, e di questi oltre 3 milioni lavorano nelle fabbriche, secondo l’International federation of robotics, un’associazione industriale mondiale. Altri milioni di robot spostano le merci nei magazzini, puliscono le case, falciano i prati e aiutano i chirurghi a condurre le operazioni.
Secondo quanto scritto dall’esperto Stefano Latini nell’ultimo magazine sull’innovazione di Ipsoa uno studio della Yale University che ha esaminato la produzione giapponese tra il 1978 e il 2017 ha rilevato che un aumento di un’unità robotica ogni 1.000 lavoratori ha aumentato l’occupazione di un’azienda del 2,2%.
E ancora, una ricerca della Bank of Korea ha rilevato che “la robotizzazione ha spostato i posti di lavoro dalla produzione ad altri settori, ma che non vi è stata alcuna diminuzione dei posti di lavoro complessivi, semmai un arricchimento del capitale lavoro umano”.
Eppure, secondo un sondaggio di Eurobarometro il 72% dei cittadini europei, teme che robot e intelligenza artificiale stiano distruggendo occupazione. “In realtà – commenta Latini – i lavori che i robot intraprendono sono solitamente noiosi, ripetitivi e faticosi, usuranti e, dopo il Covid, stanno diventando più difficili da svolgere. In molti settori a guidare l’automazione d’una azienda non è tanto il desiderio di ridurre i costi del lavoro, quanto la semplice difficoltà di reclutare lavoratori in carne e ossa. In effetti, invece di distruggere posti di lavoro, i robot possono crearli, rendendo le aziende più efficienti, consentendo loro di espandersi”.

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