L’ho assaggiato per voi: Diacono Gerardo prodigio “rosso” di Torre Fornello

Di Giorgio Lambri 15 Aprile 2022 18:32

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Nel 1028 Diacono Gerardo del Clero di San Martino, proprietario dei terreni di Fornello, ancora senza insediamenti rurali, li lascia in eredità ad una nobile famiglia piacentina. Inizia quindi più di mille anni fa la storia della bottiglia piacentina che in assoluto prediligo: un Riserva che considero un “Gutturnio all’ennesima potenza”, geniale evoluzione del nostro “rosso” bandiera. Barbera e Croatina richiamano la genitorialità del vino, ma il lavoro nella vigna prima che quello in cantina, orientano il risultato finale verso un più sublime traguardo. Una recente “verticale” (cioè un assaggio di varie annate) mandata in scena da Enrico Sgorbati nella cantine di Torre Fornello ha ulteriormente sublimato la mia venerazione. Inizia nel 1998 la produzione di questo vino e prosegue fino ai giorni nostri senza soluzione di continuità perché – spiega il geniale vigneron valtidonese – “si parla di un prodotto che è un nostro biglietto da visita, quindi se l’annata non è buona rinunciamo a farlo”. Gli assaggi partono dal 2001 e già quando dalla bottiglia cala nel bicchiere quel rosso rubino di straordinaria intensità, con riflessi granata, ci si rende conto di aver a che fare con una superiore nobiltà, che il naso subito conferma. Il bouquet olfattivo parte dai classici profumi primari di frutta rossa per approdare ai meravigliosi terziari di caco e vaniglia. Siamo nella pienezza evolutiva di questo vino, l’eleganza è quella di Audrey Hepburn in abito da sera nel foyer di un teatro. Ma forse ancor più convincente è il 2003, dove i profumi terziari diventano padroni del campo e i tannini sprigionano una grazia piena di rotonda freschezza. L’ingresso in bocca è sontuoso, l’allungo sensazionale. Saltiamo al 2006 e a un equilibrio ottimale (nel frattempo, prendendo il posto di Donato Lanati, l’enologo della cantina è diventato Nico Danesi) su un bel rosso rubino intenso, profumi che portano verso la vaniglia e la crema pasticcera. Il 2007 vira invece nei profumi sulla liquirizia e su note d’idrocarburo, i tannini lasciano intuire un’ulteriore, futura, virtuosa evoluzione. E siamo al 2012, cioè l’annata in commercio quest’anno, con un rosso rubino vivace, un trionfo di frutta rossa al naso e una bottiglia che a dieci anni dalla vendemmia ha un notevole potenziale di invecchiamento. Enrico mi concede anche l’anteprima del 2013 e qui siamo sulla strada di una complessità che si intravede, ma deve ancora affinarsi. La cosa straordinaria è capire come annate così lontane l’una dall’altra dialoghino come fratelli figli di diverse generazioni ma di un unico pensiero. Diacono è – con la Malvasia Donna Luigia – il figlio prediletto del suo creatore, entrambi ne raccontano la costante ricerca della perfezione. Provatelo per provarlo, senza preoccuparvi troppo dell’abbinamento.

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