Addio a Peter Green, chitarrista triste soffocato dal successo

Il blues della sua chitarra è dirompente, lo si riconosce dal primo accordo. Eppure Peter Green, 73 anni, co-fondatore dei Fleetwood Mac, se n’è andato nel sonno, coerente con il suo mito, mai tramontato nonostante un lunghissimo periodo di silenzio.
Nel 1967, dopo una fulminea esperienza nei Peter B’s Looners, il chitarrista inglese, poco più che adolescente sostituì Eric Clapton nei John Mayall & the Bluesbreakers. Poi decise di fondare una sua band, i Fleetwood Mac, con il percussionista Mick Fleetwood, tuttora nel gruppo che, forse più di ogni altro, ha subìto molteplici trasformazioni, trionfi e dolorosi addii (di tutto questo parleremo in futuro).
Con i primi Fleetwood Mac, Green regalò al mondo brani come “Albatross”, “The Green Manalishi” e “Black Magic Woman”, di cui Carlos Santana fece una celebre interpretazione.
Ma la storia umana dei grandi artisti è spesso complessa e tutt’altro che in discesa. Nonostante le sue doti come cantautore e chitarrista e il (meritato) successo, Green ben presto si sentì schiacciato dal peso della fama e, forse anche per questo, iniziò ad essere vittima dell’LSD, sostanza di cui abusò fino ad accusare seri problemi psichici, di schizofrenia, con svariati tentativi di suicidio. Nel 1971 fu costretto ad abbandonare i Fleetwood Mac, con i quali per un periodo collaborò solo in maniera occasionale. Una decisione inevitabile, che Mick Fleetwood, in interviste e autobiografie, definì “un immenso dolore”.
Ciò nonostante, Peter Green continuò ad essere amico dei Fleetwood Mac, anche di quelli in versione californiana “rumours”, altrettanto magici ma dallo stile totalmente differente – e imparagonabile, con buona pace dei detrattori. Tre anni fa, ho avvicinato Christine McVie e Lindsey Buckingham al Beacon Theatre di New York, quest’ultimo mi raccontò che Green volle assistere a due serate live della band alla 02 di Londra. La notizia, sussurrata all’orecchio di Buckingham da Fleetwood poco prima di entrare in scena, lo rese “particolarmente nervoso: per me Peter è sempre stato un mito irraggiungibile, esibirmi davanti a lui mi ha procurato una forte emozione”. Quando, però, a fine concerto Green si complimentò con Lindsey nel backstage londinese, dicendogli che sarebbe tornato la sera seguente, tanto gli erano piaciuti i Fleetwood Mac, “procurò a noi tutti una gioia immensa”.
Oggi Buckingham non è più nei Fleetwood Mac – non per sua scelta: c’è una bruttissima, e dolorosa, vicenda personale e legale in corso. In ogni caso, tutti i musicisti hanno espresso all’unanimità grande cordoglio per la scomparsa di Green. Su tutti, il grande amico storico Mick Fleetwood.

Per me, e per ogni membro del passato e del presente dei Fleetwood Mac, quella di Peter Green è una perdita monumentale! Peter è l’uomo che diede inizio ai Fleetwood Mac insieme a me, a John McVie e a Jeremy Spencer. Nessuno ha mai fatto un passo all’interno dei Fleetwood Mac senza un profondo rispetto nei confronti della sua persona e del suo talento e senza condividere l’incontestabile fatto che la musica dovrebbe sempre brillare e attraversare il mondo intero senza compromessi ma con enorme passione! Peter, mi mancherai, ma stai sicuro che la tua musica vivrà per sempre. Ti ringrazio per avermi chiesto di essere il tuo batterista, tantissimi anni fa. Abbiamo fatto un buon lavoro e seminato il nostro percorso di sonorità incendiarie di cui tutti hanno potuto godere. Buon viaggio, amico carissimo… Ti voglio bene, Mick

Green è stato tra gli otto membri del gruppo – con Mick Fleetwood, Stevie Nicks, Lindsey Buckingham, John McVie, Christine McVie, Danny Kirwan e Jeremy Spencer – ad essere stato indotto nella Rock & Roll Hall of Fame nel 1998. Proprio qualche giorno prima della sua morte, Mick Fleetwood ha annunciato la pubblicazione di un cofanetto di vecchi successi per documentare i primi anni della band, dal 1969 al 1974. Quelli che testimonieranno, ancora una volta, come “la sua musica vivrà per sempre”.

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