Il teatro al Bobbio Film Festival: successo per il monologo di Piovanelli

06 Agosto 2013 22:15

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Più di cinquanta minuti di monologo, senza microfono. Non c’è musica, le luci sono scarnificate, l’unica scenografia ruota intorno all’elemento del vino che si carica del valore di archetipo, di forza motrice della confessione più intima: è la parola la protagonista indiscussa del testo, ambientato in un piccolo paesino di montagna, come Bobbio o i tanti che, impoveriti, si accalcano sull’Appennino. Un parroco senza risposte di fronte a un caso di coscienza, su morte e suicidio, la storia narrata dal curato in un’osteria di una donna anziana e sola che lava i panni tutti i giorni senza avere altro da fare o da amare, e una scenografia volutamente essenziale, così da scovare e portare alla luce nel testo degli anni Quaranta “Casa d’altri” (Silvio D’Arzo è l’autore) ogni sua tinta più esistenzialista e drammatica: la rassegna cinematografica di Marco Bellocchio si è aperta stasera al linguaggio del teatro, ospitando la pièce firmata nella regia dall’indimenticato Giuseppe Bertolucci e interpretata magistralmente sul palco dell’auditorium di Santa Chiara a Bobbio da un eccezionale Antonio Piovanelli. È stato lui a portare sul palco una recitazione chirurgica nella precisione e perennemente “calma”, con quella tranquillità drammatica che “aggredisce” l’emozione dello spettatore portandolo all’applauso di fronte a un testo la cui interpretazione è progressivamente migliorata negli anni, attraverso un lavorìo continuo ed instancabile dello stesso Piovanelli. “Non mi sono mai stancato di ricercare nuove sfumature nel testo – ha detto -, il teatro lo consente, ogni spettacolo è diverso dall’altro, ogni rapporto con il pubblico è unico ed è questa una grande differenza con il cinema, che pure ha segnato profondamente la mia formazione e la mia professione. La morte? Fa parte della vita. Se si cerca di tenere fede alle proprie passioni, di ricercare ogni volta l’azione, la forza, senza lottare contro il proprio destino, la vita assume senso. Per me quel senso è stato anche il teatro, nonostante oggi con i crescenti tagli alla cultura e al grande mondo del palco gli artisti lavorino quasi gratis: lo fanno per amore, perché credono in questo linguaggio, credono nel filo unico che si crea ogni volta, in ogni minuto, con chi li ascolta”.

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