Passerini Landi, sabato il collettivo Wu Ming presenterà il romanzo “Ufo 78”

13 Aprile 2023 02:23

Alla vigilia dell’incontro, in programma sabato 15 aprile alle ore 17 al Salone monumentale della biblioteca Passerini Landi, con il collettivo di scrittori Wu Ming per la presentazione del loro ultimo romanzo “Ufo 78” (Einaudi, 2022), il bibliotecario Francesco Mazzetta intervista Wu Ming 2 (Giovanni Cattabriga).

All’inizio era “Luther Blissett”, declinazione bolognese del relativo Project, che grazie al successo di “Q” (Einaudi, 1999) si trasforma nel collettivo instabile “Wu Ming” il quale a sua volta contribuisce alla letteratura teorizzando un nuovo genere: il “New Italian Epic” ma anche percorrendo strade che vanno dalle montagne No Tav alla Terra di Mezzo. Qual è il consuntivo del progetto e quali nuovi approdi si prefigge?

Dopo venticinque anni di collaborazione, siamo ancora in piedi. Continuiamo a pubblicare romanzi scritti a più mani, a raccontare storie con ogni mezzo necessario, a campare di questo mestiere senza metterci in posa per servizi fotografici, trasmissioni televisive, premi letterari e social network. Incontriamo chi legge in centinaia di assemblee pubbliche, percorrendo migliaia di chilometri, per lo più in treno. I nostri libri si possono scaricare gratuitamente dalla rete e intorno al nostro blog sono nati gruppi e comunità che si occupano di ricerca storica, alpinismo ribelle, guerriglia odonomastica e intrecci tra musica, letteratura, fotografia, circo, fumetti, cammini. Siamo certi che questa linfa condivisa ci impedirà di ripeterci e di approdare dove siamo attesi. L’unica ricetta che non cambieremo mai è quella di scrivere stando sulla strada, a fianco di chi cerca un’alternativa alla barbarie, sapendo che la salvezza è collettiva oppure è un inganno.

Come nasce e come si auto-organizza un collettivo di scrittori? La scrittura, nell’immaginario comune, è un momento creativo che si consuma in silenzio, in solitudine, privi di stimoli che possano confondere e distrarre. Come si scrive invece in gruppo?

Il lavoro creativo è sempre frutto dell’apporto di più persone. L’atto dello scrivere è solitario, ma la narrazione è collettiva. Anche gli autori solisti hanno pur sempre un editor che legge in anteprima i loro scritti e dà consigli e suggerimenti. Per non parlare dei ghost writer che affiancano diversi autori, alcuni anche piuttosto noti. Noi il lavoro collettivo lo mettiamo davanti, perché sappiamo che, con l’attitudine giusta, l’idea del singolo riverbera nelle menti degli altri e ritorna potenziata. Certo servono umiltà, fiducia, organizzazione, senza le quali il metodo non funzionerebbe. Un metodo in sé per niente difficile, dato che si tratta di concordare insieme la trama che si intende raccontare, dettagliarla, e quindi cimentarsi a turno sulla prima stesura di una pagina per poi lasciare che il collettivo ci intervenga sopra, affinando l’amalgama stilistica. In questo modo ideazione dell’intreccio, stesura ed editing diventano momenti di un’unica azione creativa.

Wu Ming mette a disposizione in “open access” quasi tutte le proprie opere (che si possono scaricare dal sito https://www.wumingfoundation.com/ o dalla biblioteca digitale Emilib): quali le motivazioni e come siete riusciti a ottenere questa facoltà dalle case editrici?

Le ragioni sono due: una di ordine pratico e una di ordine ideale. La prima è che i libri costano caro, viviamo in un paese in cui l’analfabetismo funzionale è tra i più alti d’Europa, le persone disposte a spendere soldi per acquistare un libro sono sempre meno, la concorrenza dei nuovi media e delle storie narrate in audiovisivo è spietata. Se vogliamo salvaguardare la lettura e quindi indirettamente anche il mercato editoriale, è necessario paradossalmente lasciare che i testi narrativi circolino liberamente e gratuitamente. La seconda ragione è che un libro non è mai un parto originale, ma sempre la trasformazione – più o meno originale – di storie in cui ci si è imbattuti o che si sono vissute e che ci hanno fatto venire in mente una storia ulteriore. Metterci un copyright e dire che quella storia ha un proprietario serve a tutelare il lavoro di chi l’ha scritta, ma costui o costei a sua volta può scegliere di non vincolarla esclusivamente al supporto editoriale, e di restituirla al mondo come semplice testo. È quello che facciamo noi per coerenza con la nostra idea di narrativa e con la nostra visione del mondo. Gli editori che vogliono pubblicarci devono accettare questa condizione o rinunciare.

Una delle tematiche “forti” in “Ufo 78” è l’omicidio Moro, ma in generale è sempre presente una riflessione sui nodi critici e dolorosi della storia. Si tratta solo di romanzi storici o è anche un modo per fare politica tramite la narrativa?

Niente è “solo” qualcosa, tutto è molteplice, ogni aspetto della realtà è in congiunzione con tutti gli infiniti altri, ergo un romanzo storico non è mai “solo” un romanzo storico. Inoltre, non c’è niente che non sia politico, tutto ha a che fare con la vita della pòlis, ogni espressione culturale viene dalla pòlis e alla pòlis ritorna. Facciamo un esempio: mentre scrivevamo questa risposta, ogni volta che digitavamo “pòlis” il correttore automatico suggeriva il termine “polisessuali”. Ebbene, il fatto che i compilatori del programma “Note” del Macbook abbiano inserito nel vocabolario un termine poco usato come “polisessuali”, e che lo abbiano impostato addirittura come prima preferenza, per giunta al plurale, se qualcuno digita le prime cinque lettere… Non “polisportiva”, che è sicuramente più utilizzato, né “polistirolo” o altre parole che cominciano così, no, “polisessuali”… Beh, questo è eminentemente politico, riflette un determinato approccio alla lingua, che a sua volta riflette qualcosa che succede nella polis. Ma per tornare al romanzo storico: in passato noi abbiamo scritto alcuni romanzi collettivi che una studiosa attenta e acuta come Giuliana Benvenuti ha definito “neostorici”, perché avevano caratteristiche peculiari, che li differenziavano dal romanzo storico canonicamente inteso. Per anni abbiamo lavorato su certi stilemi del romanzo storico, forzandone l’uso in direzioni non scontate, e su certe aspettative di lettrici e lettori di romanzi storici, spiazzandole. A un certo punto, dopo “L’Armata dei Sonnambuli”, ci siamo resi conto che dovevamo e volevamo cambiare. Abbiamo attinto alle sperimentazioni che ciascuno di noi aveva fatto da “solista”, e siamo usciti dal romanzo neostorico, con l’intenzione di scrivere romanzi più perturbanti, di lavorare sul fantastico, sull’onirico, sul visionario.

“Ufo 78” si svolge in gran parte in luoghi immaginari, tutti i personaggi in scena sono immaginari, ci sono gli eventi storici degli anni Settanta italiani ma è come se fossero anni Settanta di un mondo parallelo. Tuttavia, è scritto come se fosse un libro d’inchiesta, un lungo reportage narrativo, con forti “effetti di realtà” prodotti dal ricorso a documenti, interviste, testimonianze di personaggi realmente esistenti. Siamo dalle parti del “mockumentary”, benché quello sia solo uno dei piani su cui il romanzo si muove. Molte lettrici e lettori ci dicono di aver cercato invano i nomi dei personaggi su Wikipedia, e comunque di essersi chieste per tutto il tempo se la tal cosa fosse vera o l’avessimo inventata. Quest’ultima è una domanda che ci si fa anche leggendo romanzi storici, ma dopo un po’ si sospende l’incredulità, ci si abbandona e si prosegue godendosi la dimensione romanzesca. Leggendo “Ufo 78”, invece, si rimane sempre sul chi vive, e questo ci va benissimo, è un modo di lettura vigile, partecipe, che però non è banalmente scettico, dunque non pregiudica il godimento.

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