Defibrillatori, il modello Piacenza in Senato: “Forze dell’ordine fondamentali”

16 Giugno 2020 19:31

Quando si parla di defibrillatori, il “modello Piacenza” continua a fare scuola. Nella giornata di martedì 16 giugno, infatti, il prefetto Maurizio Falco è stato ascoltato in audizione dalla 12esima commissione permanente del Senato (Igiene e sanità) per approfondire il coinvolgimento delle forze di polizia nella diffusione capillare dei dispositivi salvavita: “Alla base di tutto deve esserci l’idea di una moltiplicazione infinita dei soggetti che possono intervenire per gestire un arresto cardiaco, senza tuttavia attribuire alcuna responsabilità a chi non esercita la professione sanitaria”. Su questo punto il prefetto ha insistito più volte, esprimendosi a proposito del disegno di legge per la liberalizzazione dei defibrillatori in attesa di approvazione in parlamento.

Falco, collegato in videoconferenza, ha elencato i numeri principali che ben descrivono il profilo della nostra città “cardioprotetta”, soffermandosi in particolare sul coinvolgimento delle forze di polizia in questa attività: “In media, su ogni turno di servizio giornaliero, ci sono quindici defibrillatori mobili a bordo dei veicoli di agenti e vigili del fuoco. Negli ultimi vent’anni, cioè da quando Piacenza ha avviato questo percorso di prevenzione, qui da noi – ha rimarcato il prefetto in Senato – sono state salvate 121 vite, di cui trentatré grazie all’intervento delle forze di polizia”. Falco ha sottolineato alla Commissione l’importanza dell’installazione di dispositivi salvavita mobili sulle pattuglie di polizia, perché “la maggiore probabilità di fermare un arresto cardiaco si registra nei primi cinque minuti e quindi chiunque può fare la propria parte con tempestività”.

A partire sin dagli anni Novanta, il “modello Piacenza” è stato reso possibile grazie alle iniziative costanti e puntuali dell’associazione Progetto Vita, presieduta da Daniela Aschieri: “Speriamo che stavolta la legge nazionale per la liberalizzazione dei defibrillatori – si augura la dottoressa – venga approvata in maniera definitiva anche in Senato”.

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