“Lei ha un tumore”. L’incubo di una ragazza molestata al telefono da finto ginecologo

01 Settembre 2022 05:04

Incontro pubblico martedì sera a Rathaus

Fa il pap test al Centro salute donna, ma pochi giorni dopo riceve una telefonata sul suo cellulare. Dall’altra parte c’è una voce profonda, a tratti sbrigativa. Viscida, col senno di poi. Le comunica che nel test, di cui sembra intanto leggere un referto preciso, sono emersi elementi di gravità importanti. Il medico sa tutto di lei, nome, cognome, codice fiscale, esami, storia clinica.

Lei, che avrà sì e no vent’anni, si spaventa, lui le continua a sentire solo che la situazione è grave, lei va in ansia, le domande si fanno insinuanti, di carattere sessuale, troppe, e ad altre vittime lui chiederà anche le foto delle mutandine per verificare le perdite, chiederà un controllino in videochat, “Così facciamo prima e posso direttamente dirle a cosa sia dovuta la lesione senza perdere tempo, il suo caso è urgente”.

A una piacentina quelle domande telefoniche sono sembrate strane, inizia allora lei a fargli domande, a chiedere i riferimenti, il numero di telefono, “La richiamo aspetti”. Fa un respiro, vuole capire chi in realtà sia il finto medico, ma scopre che quel numero è inesistente: “Mi ricordo bene che il suo nome era Francesco, il cognome l’ha detto in fretta, Licante, Lirante…”.

Lei parla, lo fa al dibattito informale nato spontaneamente, seduti in cerchio, al circolo Rathaus di via Giordani. Ci sono soprattutto ragazze e ragazzi. Ci sono la sorella Debora e la mamma di Elisa Pomarelli, uccisa nell’agosto 2019, l’incontro è dedicato a lei, alla violenza, ad ogni violenza, lo hanno voluto le amiche che mai la dimenticheranno, in vista del “Femme Fest” il 10 settembre a Spazio Quattro di via Manzoni organizzato da Non una di meno e R-Esisto.

“Io dopo aver ricevuto quella telefonata ho contattato subito l’Ausl. Non sono però più stata ricontattata, nonostante ci fosse il rischio di hackeraggio evidente delle cartelle cliniche. Mi sono rivolta quindi alle forze dell’ordine. Non c’erano elementi a loro dire per fare denuncia. Poi un giorno sui social leggo la storia di una ragazza, Noemi De Vitis, era identica, anche se dall’altra parte praticamente d’Italia. Anche lei inascoltata, ha lanciato un appello su Internet, in pochi giorni, sono emerse 400 testimonianze, compresa la mia. Ma nel frattempo sono passati anni, in cui lui ha continuato ad agire indisturbato. Sì, questa storia mi ha lasciato amarezza”.

Una pagina di testimonianze oggi su Libertà a cura di Elisa Malacalza

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