Immigrazione clandestina e prostituzione: 12 milioni di beni sequestrati dalla polizia

12 Dicembre 2023 10:00

Questa mattina la polizia di Stato ha eseguito a Piacenza e nelle provincie di Milano, Pavia, Cremona, Catania, Messina e Trapani – nonché in Svezia e in Bulgaria – un decreto di sequestro di beni, assetti societari e rapporti finanziari per un valore complessivo di 12 milioni di euro, riconducibili ad un affermato imprenditore nel settore del trasporto su gomma di origine siciliana, ma da anni operante nel nostro territorio. Quest’ultimo è ritenuto responsabile di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, intermediazione illecita di manodopera e sfruttamento del lavoro. Un decreto emesso ai sensi della normativa antimafia dal tribunale di Bologna (sezione misure di prevenzione) su proposta formulata dal questore della provincia piacentina.

L’operazione, eseguita dalla Divisione anticrimine della questura di Piacenza con il supporto del Servizio centrale anticrimine, si colloca in una più ampia strategia nazionale finalizzata a contrastare l’accumulazione dei proventi delle attività delittuose connesse all’immigrazione clandestina e allo sfruttamento del lavoro nero.

Il provvedimento – come detto – riguarda beni, assetti societari e rapporti finanziari per un valore complessivamente stimato di circa 12 milioni di euro, riconducibili attraverso una folta schiera di prestanome al già menzionato imprenditore, ritenuto socialmente pericoloso, poiché dedito alla commissione di reati tributari, fallimentari, in materia di falsificazione di mezzi di pagamento, immigrazione e prostituzione. L’uomo, già condannato per favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione, nel novembre del 2022 si era reso irreperibile all’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa nell’ambito dell’operazione “Hermes” condotta dalla polizia di Stato di Piacenza: tutto questo in quanto responsabile di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, intermediazione illecita di manodopera e sfruttamento del lavoro, nonché di delitti contro la fede pubblica. L’inchiesta aveva consentito di scoperchiare un vero e proprio “sistema” finalizzato a favorire l’ingresso illegale e lo sfruttamento di cittadini stranieri di nazionalità brasiliana, moldava e turca, sul territorio nazionale. Gli stranieri, in cambio di consistenti somme di denaro, venivano dotati di documenti e certificati di abilitazione professionale falsi, per poi essere impiegati come autotrasportatori nelle aziende italiane ed estere riconducibili all’imprenditore. Il tutto con modalità palesemente contrastanti con le norme contrattuali di riferimento e in precarie condizioni igienico-sanitarie.

I malcapitati, dietro un primo pagamento di 500 euro ricevevano “la dichiarazione di invito” necessaria per l’ingresso in Italia. Una volta giunti sul territorio nazionale erano accompagnati presso la sede di una delle società dell’imprenditore, situata a Piacenza, dove – dietro pagamento di altri 500 euro – venivano muniti di documenti falsi per poi essere assunti come autotrasportatori alle dipendenze del proposto. Il costo di ogni “pratica” si assestava tra i 2mila e i 2.500 euro, cifre corrisposte mediante pagamenti mensili di 500 euro.

A causa delle restrizioni all’ingresso in Italia conseguenti alla diffusione del Covid, il sistema illecito ha comportato l’espansione societaria dell’imprenditore anche in altri Stati dell’Unione Europea, con l’intento di orientare tali attività illecite di reclutamento prevalentemente su cittadini moldavi e turchi, i quali, benché assunti da una società di diritto bulgaro riconducibile al proposto, operavano in maniera continuativa in Italia.

I lavoratori fornivano le loro prestazioni in condizioni assolutamente degradanti, dato che l’imprenditore aveva adottato politiche del lavoro inumane, facendo cioè leva sul loro stato di bisogno. Gli autisti erano sottoposti a turni di lavoro massacranti, non potendo fruire di riposi giornalieri o settimanali, costretti a guidare giorno e notte senza adeguato riposo. Oltre agli introiti percepiti mediante lo sfruttamento e il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, l’imprenditore riusciva a trarre ulteriore profitto offrendo situazioni alloggiative caratterizzate da condizioni igienico-sanitarie pessime. Ai lavoratori era garantito il pernottamento all’interno di baracche e container, o addirittura all’interno dell’abitacolo degli stessi mezzi pesanti, parcheggiati presso la ditta di autotrasporto del proposto, dietro pagamento di una somma di denaro pari a cento euro al mese.

“Le odierne investigazioni – fa sapere la questura – oltre a documentare la pericolosità sociale del proposto, i cui trascorsi criminali abbracciano più di un ventennio, hanno permesso di far luce sull’impero societario economico e finanziario realizzato nel tempo dall’imprenditore. Questo attraverso una pluralità di operazioni societarie tali da impedire la diretta riconducibilità delle stesse strutture alla sua persona. Il tutto a fronte di una complessiva situazione reddituale “dichiarata” di natura modesta o addirittura inadeguata, in alcuni casi, anche al semplice soddisfacimento delle primarie esigenze quotidiane personali e del suo nucleo familiare. Le spiccate doti imprenditoriali gli hanno permesso in tutti gli ambiti in cui ha operato di ottenere lauti guadagni infrangendo la legge. Sin dai primi anni del 2000, da quando cioè si è stanziato nel territorio piacentino, il proposto ha fatto registrare un’improvvisa impennata reddituale, che ha dato luogo ad un’esponenziale crescita imprenditoriale non giustificata”.

“L’imprenditore – prosegue la nota – ha da un lato fatto ampio e costante ricorso a proventi illeciti per finanziare, avviare ed acquisire le attività imprenditoriali a lui riconducibili – operanti nei settori del trasporto su gomma, della logistica, dei servizi alle imprese, della ristorazione, degli spettacoli “a luci rosse”, dell’allevamento degli equini e immobiliare – mentre dall’altro ha utilizzato le stesse società come strumento per commettere ulteriori attività delittuose. In particolare, dal 2008 al 2015, attraverso le sue compagini societarie, ha partecipato ad un articolato sistema di frode che prevedeva l’emissione e l’utilizzazione di un rilevante volume di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti, il cui importo complessivo è calcolato in circa 200 milioni di euro, al fine di creare ingenti crediti Iva fittizi in capo ai vari soggetti economici compiacenti.
Il meccanismo consisteva nell’impiego di cd. “società cartiere”, dedite all’emissione di false fatturazioni per operazioni inesistenti nei confronti di “società filtro”, che avevano il compito di emettere a loro volta ulteriori false fatturazioni nei confronti di altri operatori economici, i quali in conclusione erano i veri beneficiari della frode. Inoltre, l’utilizzo malsano dei conti correnti delle società, estrinsecatosi in sistematiche condotte distrattive, che nel solo periodo 2013-2019 raggiungono l’importo complessivo di circa cinque milioni di euro, ha permesso al proposto di disporre di una consistente provvista in parte impiegata per la realizzazione di investimenti immobiliari e societari, nonché per sostenere le spese connesse al mantenimento personale e del nucleo familiare”.

“Con l’odierno provvedimento, il tribunale-sezione misure di prevenzione di Bologna – conclude la questura – ha disposto il sequestro, poiché ritenuti di provenienza illecita, della totalità delle quote e dell’intero compendio aziendale di 14 società, di cui una sedente in Svezia e una in Bulgaria, di 32 immobili, tra fabbricati e terreni, di 110 automezzi, tra motrici e rimorchi, e di numerosi rapporti finanziari, per un valore complessivamente stimato di circa 12 milioni di euro”.

IL SERVIZIO DI MARCELLO TASSI

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