Addio ad Akira Toriyama il “papà” di Dragon Ball è scomparso a 68 anni

Per chiunque sia nato a cavallo tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta, Akira Toriyama ha rappresentato una sorta di mentore. Il mangaka nipponico, scomparso lo scorso 1° marzo all’età di 68 anni, è stato l’autore con cui molti appassionati in Italia del fumetto giapponese si sono avvicinati a questa forma di racconto per immagini, e da allora non hanno più smesso di leggerli.

La sua opera più popolare e universalmente conosciuta, “Dragon Ball”, è diventato il simbolo di diverse generazioni di lettori, che hanno mutuato nei suoi confronti una vera e propria venerazione nel tempo. Nato dalla passione di Toriyama nei confronti dei film sul kung-fu e ispirato ad uno dei più grandi classici della letteratura cinese ,“Il viaggio in Occidente”, la serie manga (e successivamente, anche la sua versione anime) è stata pubblicata in Giappone dal 1984 al 1995 e ripercorre le avventure, dall’infanzia all’età adulta, di Son Goku (detto anche “il ragazzo scimmia”, per via del fatto che ha una coda e può trasformarsi in un gigantesco primate), mentre apprende i fondamenti delle arti marziali ed esplora il mondo alla ricerca di sette sfere magiche, capaci di evocare il drago Shenron, una creatura mitica in grado di esaudire un desiderio a chiunque lo abbia invocato.

Come in un qualsiasi romanzo di formazione che si rispetti, anche in “Dragon Ball” il protagonista intraprende, così, un viaggio che lo porterà a confrontarsi con numerosi alleati e nemici, permettendo la crescita del personaggio da tutti i punti di vista. Da allora, il successo del manga è stato inarrestabile e questo anche grazie all’estensione del progetto in diverse serie animate, che ha portato alla nascita di prodotti altrettanto popolari – e che hanno accompagnato i tanti ritorni da scuola di molti giovani fan – quali “Dragon Ball Z”, “Dragon Ball GT” fino a “Dragon Ball Super” nel 2015, senza dimenticare i numerosi film, cortometraggi e special televisivi che ne hanno espanso a dismisura la mitologia, decretandone la consacrazione a mito.

Giusto per comprendere la portata del fenomeno di “Dragon Ball”, nel 2021 la serie manga ha raggiunto un totale di oltre 300 milioni di copie vendute in tutto il mondo, permettendo al franchise di diventare il secondo fumetto più venduto di sempre dopo la serie “One Piece” di Eiichiro Oda.

Nonostante “Dragon Ball” resti una delle sue creazioni più celebri e amate, Akira Toriyama ha in realtà mosso i primi passi con altre produzioni – meno conosciute in Italia, ma altrettanto importanti – quali “Wonder Island”, il suo seguito “Wonder Island II”, “ Today’s Highlight Island” e “ Tomato Police Woman”, che pubblica tutte sul finire degli anni Settanta sulla testata settimanale dedicata ai manga “Weekly Shonen Jump” in Giappone. Il primo riconoscimento internazionale arriva con la serializzazione su “Jump” della storia comica “Dr. Slump” (1980-1984), quest’ultima conosciuta anche nel nostro Paese soprattutto grazie alla serie animata “Dr. Slump e Arale”. L’opera – che testimonia la profonda vena umoristica, al limite del nonsense, di Akira Toriyama – rappresenta uno dei progetti più divertenti a cui il famoso mangaka ha lavorato, essendo pieno zeppo di giochi di parole e umorismo infantile, oltre a vere e proprie parodie della cultura giapponese e americana e riferimenti alla sua vita privata. Ancor più di “Dragon Ball”, che resta la sua eredità più importante, “Dr. Slump” è probabilmente il suo lavoro più personale, capace di riflettere il grande senso dell’umorismo insito in Toriyama, che spesso – soprattutto nelle serie animate di “Dragon Ball” – è andato a poco a poco a scomparire, per fare spazio a toni decisamente più solenni ed epici. Tuttavia, chiunque abbia in mente Goku sa che la forza del suo personaggio è sempre risieduta nella sua straordinaria capacità di combinare la gravitas dell’eroe che ha il compito di salvare l’umanità, a qualche buffo intermezzo, possibile anche grazie alla compresenza di innumerevoli spalle comiche che si alternano all’interno di “Dragon Ball”, in particolare nella primissima serie anime e nel manga.

La scomparsa di Akira Toriyama lascia inevitabilmente un vuoto incolmabile: la sua incredibile abilità nel passare da un registro comico ad un registro alto nel giro di poche pagine, senza mai disorientare il lettore, conferma l’immenso talento di questo autore, andato via troppo presto avendo ancora tante cose da raccontarci e da farci vivere. Ma come scriveva Daniel Wallace nel suo romanzo “Big Fish”, da cui è stata tratta l’omonima pellicola di Tim Burton: «A furia di raccontare le sue storie, un uomo diventa quelle storie. Esse continuano a vivere dopo di lui, e così egli diventa immortale ». Già, perché è proprio grazie all’eredità delle storie che Akira Toriyama ha lasciato dietro di sé a permettergli di restare per sempre nell’eternità.

di Fabrizia Malgieri

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