I corvi, gli aghi, la paura e Verdi. Due libri celebrano “Opera” di Dario Argento

La protagonista di “Opera” torturata dal killer

Una pagina di giornale non può bastare per raccontare “Opera”, ultimo grande thriller classico firmato da Dario Argento. Ce n’eravamo accorti già nel 2017, in occasione dell’intervista esclusiva al maestro del brivido per i trent’anni del film. Troppi aneddoti gustosi, tanta carne al fuoco nel “giallo Parma” uscito al cinema a Natale 1987. A mettere la palla al centro ci pensa ora il giornalista e scrittore Fabio Giovannini – una garanzia quando si tratta di affondare il bisturi nella filmografia argentiana – con due libri preziosi, pubblicati da Shatter edizioni. Dal set kolossal allestito al Regio ai corvi svolazzanti nel tempio della lirica, passando per la maxi gru in mezzo al teatro (le celebri soggettive mozzafiato sul pubblico in platea…) e per i pesanti tagli inferti dalla censura. Tenetevi forte.

“L’Opera secondo Argento” e “Opera – Un romanzo dal film di Dario Argento”: un tandem perfetto per gli amanti del terrore all’italiana. “Opera” è il suo Argento preferito?
«Direi il mio secondo preferito… “Tenebre” è il titolo al quale sono più affezionato, per le innovazioni tecniche e il fascino morboso di molte sequenze. Ma considero “Opera” il più elegante dei film argentiani, il più raffinato, grazie anche allo sposalizio felice tra l’immaginario del regista e il mondo della musica lirica. Non andai a Parma, ma ho presenziato ad alcune riprese romane, in interni, e ho fatto visita ad Argento in sala di montaggio. Ricordo che era curioso vedere il piglio autoritario e volitivo di Dario sul set, in contrasto con i modi sempre garbati e miti che mostrava nelle sue apparizioni pubbliche»

La copertina del libro di Giovannini (ed. Shatter)

Nell’estate 2019, alla “serata Argento” organizzata al teatro Regio di Parma, il regista definì “Opera” il suo film più caro: che cosa è avvenuto – secondo lei – rispetto all’avversione iniziale?
«Argento era esasperato dalle difficoltà incontrate nella preparazione del film, in più poco prima delle riprese aveva affrontato il lutto per la morte del padre. Poi si scontrò con la censura. Del resto, pur non essendo superstizioso, Argento sapeva bene che il Macbeth di Shakespeare ha fama di portare sventura e aveva previsto delle sorprese per un film che del Macbeth, per quanto nella versione lirica di Verdi, faceva il suo tema centrale. Penso che abbia poi metabolizzato negli anni tutti gli aspetti negativi della lavorazione di “Opera” e abbia considerato il film con maggiore distacco, grazie anche agli incoraggiamenti che ricevette da critici e collaboratori, oltre che dal suo pubblico».

Il set allestito al Regio è entrato nella storia del cinema italiano. Ma è vero che Dario voleva girare alla Scala?
«La ricerca del teatro per “Opera” è stata complessa. La Scala concedeva solo una settimana per le riprese, troppo poche. Allora Argento tentò di utilizzare il Teatro Carignano di Torino che già appariva in “Profondo rosso”. Saltata anche quella ipotesi, si pensò al Teatro La Fenice di Venezia, poi alla Wiener Staatsoper di Vienna. Infine si arrivò a optare per il Regio di Parma che già Bernardo Bertolucci, amico di lunga data con Argento, aveva usato per una scena di “Prima della rivoluzione”, nel 1968, mentre si rappresentava proprio il Macbeth di Giuseppe Verdi».

Arriviamo alla questione censura: quali scene furono tagliate per abbassare il divieto del primo thriller argentiano di Natale? La versione che circola in bluray e dvd è davvero integrale?
«Per passare dal divieto ai minori di 18 anni a quello ai minori di 14 si dovettero sacrificare almeno tre scene: il coltello che entra nella gola di un ragazzo, l’estrazione di una catenina dall’esofago di una vittima e le immagini di un corvo con l’occhio strappato dell’assassino nel becco. Ancora peggio andò con la versione americana, dove furono tagliati anche vari dialoghi. Fortunatamente le edizioni in videocassetta e poi in dvd o bluray, fin dalla prima, sono integrali».

Il romanzo tratto dalla sceneggiatura originale del film

Nel film “Panico” di Simone Scafidi, recentemente proiettato a Piacenza , la protagonista di “Opera”, Cristina Marsillach, prova a ricucire con il burrascoso passato sul set parmigiano. Furono davvero così tesi i rapporti con Argento?
«Per l’attrice spagnola “Opera” non fu certo un’esperienza rilassante, lo scontro tra lei e Argento è notorio. Non si parlavano più durante le riprese, se non per interposta persona. Il tempo passa ed evidentemente la Marsillach, tornando dopo tanti anni al Teatro Regio di Parma che era stato il set di “Opera”, in occasione del documentario “Panico”, ha cambiato notevolmente i suoi giudizi su quella vicenda. Credo si sia resa conto che, comunque, “Opera” l’aveva valorizzata come attrice e Argento le ha permesso di rimanere immortale grazie alle sue immagini nel film, come i famosi spilli sotto gli occhi, che sono tuttora note in tutto il mondo».

“Opera – Un romanzo dal film di Dario Argento” è un’operazione insolita e coraggiosa nel panorama editoriale italiano. Difficilmente da noi i copioni diventano narrativa: qual è stata la principale sfida nel trasformare la sceneggiatura? Argento ha apprezzato?
«Ho cercato soprattutto di non allontanarmi dalla sceneggiatura originale, di non snaturare le intenzioni di Argento e dello sceneggiatore Franco Ferrini. Il mio obiettivo era di consentire al lettore di visualizzare sulla pagina scritta le emozioni suscitate dalla visione sullo schermo. Quando la mia versione romanzesca di “Opera” uscì per la prima volta, nel 1991 (con lo pseudonimo Ivo Scanner rimasto nell’edizione Shatter, ndr), Argento nell’introduzione al libro apprezzò l’operazione di rendere “leggibili”, secondo moduli letterari, le sue storie estreme, ma segnalava giustamente che i suoi film nascono per essere rappresentati e non per essere letti, nascono per immagini e non per concatenazioni di storie. Come ogni “novelization”, per usare il termine inglese correntemente attribuito alle trasposizioni letterarie dei film, si tratta di un esperimento discutibile, ma che può essere appassionante e può consentire a chi legge di cogliere sfumature e aspetti sfuggiti durante la proiezione in sala o in home video».

Barberini e Marsillach in una scena del film di Argento

Nel 1986 lei ha scritto “Dario Argento: il brivido, il sangue, il thrilling”, primo fantastico libro dedicato al regista romano: come è il suo rapporto con il Maestro?
«Negli anni Novanta ci frequentavamo, Argento ha anche tenuto a battesimo il movimento neonoir, un gruppo romano di scrittori che avevo creato con altri amici di allora, e partecipava alle nostre iniziative, a volte con la figlia Asia. Poi i contatti tra noi sono diminuiti e da parecchio tempo non ci incontriamo. Il mio libro del 1986 era apparso quando Argento era ancora bistrattato e colpevolmente sottovalutato dalla critica ufficiale italiana. Era molto contento delle analisi che facevo in quel testo e ne regalò decine di copie. Come piccola soddisfazione personale, noto da foto e filmati girati in casa di Argento che nella sua libreria compare ancora il mio volume, dopo vari decenni. Non è poco, considerato che Argento in passato non conservava quasi nulla che riguardasse la sua attività. Da parte mia, anche se non trovo più la stessa inventiva rivoluzionaria di un tempo nei suoi lavori recenti, continuo a considerare Argento uno dei registi italiani più innovativi e straordinari».

di Michele Borghi

 

 

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