Registi che non smettono di stupirci: Yorgos Lanthimos e il suo “Poor things”

A metà concorso possiamo anticipare alcuni dei registi che si meriterebbero un premio a uno dei festival più importanti del mondo: sicuramente Hamaguchi, forse Bertrand Bonello e Timm Kröger e senza dubbio Yorgos Lanthimos che con il suo “Poor Things” ci ha regalato un’altra straordinaria esperienza di visione, aiutato da un gruppo di attori straordinari e tutti insieme cominciano qui il loro cammino sulla lunga strada di mattoni gialli che è la stagione dei premi cinematografici.

Tratto da un romanzo di Alasdair Gray, scrittore scozzese postmoderno e pazzo, “Poor things”è un meraviglioso racconto di formazione portato sullo schermo attraverso una confezione raffinatissima e originale, piena di riferimenti artistici, pittorici, letterari e scientifici dei quali cogliamo solo una minima parte. La storia gira intorno alla incredibile e “fantastica”trasformazione di Bella Baxter (Emma Stone) una giovane donna riportata in vita dal dottor Godwin Baxter (Willem Dafoe), scienziato brillante e assai poco ortodosso, cresciuto a sua volta da un padre scienziato tra gli altri esperimenti condotti su di lui, lo ha privato dei succhi gastrici, costringendolo a una vita di macchinari e espedienti per digerire. Ma la prende con filosofia.

 

Bella, che è letteralmente rinata, ha la mente di una bambina nel corpo di una donna, ma il suo sviluppo cerebrale è molto più veloce. La ragazza vive sotto la protezione di Baxter ma è così curiosa e desiderosa di imparare che fugge con Duncan Wedderburn (Mark Ruffalo), un avvocato scaltro e dissoluto. I due cominciano a viaggiare in una travolgente avventura che si svolge su più continenti. Libera dai pregiudizi del suo tempo, Bella cresce salda nel suo proposito di battersi per l’uguaglianza e l’emancipazione e diventa una figura portatrice di un femminismo naturale, razionale, logico, e quindi particolarmente potente e efficace.

 

All’inizio il mondo di Bella è piccolissimo: chiusa nella casa di Baxter, la ragazza è una figurina incerta che viene osservata e studiata come fosse dentro una palla di vetro dal suo “creatore” ma quando decide di andarsene a scoprire il mondo tutto intorno a lei si spalanca e le città ricostruite sono a loro volta per lei porte verso altri mondi, percorsi, esperienze, convinzioni, studi.

 

Una storia stravagante ma solidissima di emancipazione femminile e femminista perfetta per continuare ad agitare i maschi che credevano che ci saremmo accontentate di “Barbie”.

I contenuti sono garantiti da Gray, i dialoghi sono surreali e ficcanti e la confezione studiata da Lanthimos e il suo strepitoso team tecnico è una rielaborazione maestosa dello stile vittoriano mescolata allo steampunk in un’ordalia di colori che travolge vestiti e acconciature inquadrati grandangoli e buttati in un quadro di Escher, mentre in giardino camminano animali cuciti a metà con altri animali.

Lanthimos come il Dottor Moreau mescola, scopre, crea, taglia, incolla, e a tutte noi piccole Dorothy regala cuore, cervello e coraggio.

 

 

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