Riavvolgere il nastro dei ricordi: “Aftersun”


Nei primi anni 2000, Calum Aaron Patterson e Sophie Leslie Patterson sono un padre trentenne e una figlia undicenne in vacanza in Turchia: li vediamo riprendersi con una videocamera, sfocati, pixelati, sghembi, ripresi di riflesso nei vetri, negli specchi. Si vogliono bene: in quel villaggio vacanze pieno di stranieri, ragazzi e famiglie, passano molto tempo insieme immergendosi in tutte le attività possibili, ricercano una intimità frantumata dalla lontananza tra piscine, mare, sauna, fanghi, visite guidate. Parlano molto: Sophie si confida con il padre, ricorda una conversazione avvenuta tra lui e sua madre quando lei aveva sette anni in cui forse parlavano di matrimonio, e invece adesso sono divorziati. Come tutti i bambini continua a sperare che i suoi genitori si rimettano insieme e invece lei vive a Edimburgo, lui a Londra, e a Edimburgo non ci vuole tornare mai più.


Dalle scene frammentate, dai dialoghi, dalla struttura non lineare nel film, si percepisce un pericolo, qualcosa di spaventoso in agguato: c’è quel continuo flashback nella discoteca che torna, insistente. C’è il braccio rotto di Calum, i graffi sulla spalla, i suoi commenti, il racconto del suo compleanno dimenticato, il suo voler essere presente e affettuoso e protettivo e il suo dolore per ogni piccolo fallimento, la meditazione, il tai-chi, i libri di autoaiuto.


L’esordio di Charlotte Wells nel lungometraggio è un film autobiografico (lo racconta lei stessa qui), costruito come un viaggio nei ricordi, alla ricerca di qualcosa, forse di quel preciso momento che avrebbe potuto cambiare tutto. A volte sembra che Sophie riesca a leggere nel pensiero di Calum, e lo rassicura continuamente: lei sta bene, la vacanza è divertente, loro si vogliono bene, le dispiace di aver perso una maschera da sub costosa. Sembra bastare, anche al suo sguardo curioso, anche alla sua età fragile.


Calum cerca di ricostruirsi, e Sophie con la sua grande sensibilità sembra intuirlo, e lo incoraggia, quasi in automatico. La tragedia è immanente ma resta nascosta ai margini delle inquadrature frammentate: non per questo è meno potente la sua forza. Anche Charlotte, anni dopo, cercherà di ricostruire Calum, attraverso un film di piccole felicità e sottili inquietudini, ricordandosi le domande, domandandosi il ricordo.


“Aftersun” sta girando in alcune sale, e speriamo che giri ancora un po’: nel frattempo è su Mubi, e senza dubbio vale un mese di abbonamento (mentre per chi non l’avesse mai provato, c’è la prova gratuita).

 

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