Viva Las Vegas: “Elvis” di Baz Lurhmann

Ci voleva Baz Lurhmann per ricordarci che grande spettacolo è il cinema: spectacular spectacular! No words in the vernacular can describe this great event che è “Elvis” di Baz Lurhmann, presentato in anteprima mondiale al Festival di Cannes.

Non mi piacciono i biopic salvo rare eccezioni, sono troppo giovane per essere stata una fan di Elvis. Ma il film di Baz Lurhmann, che pure sceglie di mostrare solo alcuni passaggi della vita dell’artista, mi ha fatto ricordare molte cose: Nick Cave, i Dead Kennedy, Sailor che canta a Lula “Love me tender”, Ghost, ovviamente The Blues Brothers ma anche quella sequenza pazzesca con “A little less conversation in “Ocean’s eleven”, quell’altra sequenza splendida in “Blade runner 2049” quando Villeneuve ci fa rivivere il ricordo dell’amore tra Deckard e Rachel senza mostrarcelo (“I like this song”) e queste sono solo le prime che mi vengono in mente.

 

Elvis c’è sempre stato, Elvis ci sarà sempre. Lurhmann ce lo racconta con il volto di un ottimo Austin Butler, sexy e magnetico al punto tale da mangiarsi Tom Hanks, il colonnello Parker che è il narratore della storia.Resta indeciso il regista australiano e non affonda il suo film in una vera relazione maledetta tra il cantante e il suo impresario per focalizzarsi sulla vita di Elvis e ovviamente sui segmenti musicali: Elvis ragazzino che incolla la sua passione per i supereroi della carta sopra l’adorazione per quelli della musica, che diventa subito ossessione, possessione. Elvis che fa scoprire il sesso alle ragazze degli anni’50, Elvis che vende amore e che, come ricorda il colonnello, può vendere anche odio. La prima metà del film é un capolavoro di montaggio serratissimo di immagini meravigliose, vignette, foto d’epoca, split screen, scritte, insegne, costumi fantastici, scenografie perfette e ho esaurito i superlativi. É un racconto romantico, che porta con se poca morbositá, che avrebbe grande spazio nelle relazioni tra Elvis e Parker, tra Elvis e la moglie, tra Elvis e sé stesso, in quegli anni di fine carriera, relegati ai titoli di coda. Lo dico sempre, il grande cinema è fatto di storia e di immaginario. I capolavori del cinema sono quelli che sanno fondere insieme in armonia questi due elementi: Luhrmann fa da sempre un cinema di immaginario, un grande show, dove all you need is a strong heart and a nerve of steel, viva Las Vegas.

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