Bruce Willis l’ultimo boyscout


La notizia delle condizioni di Bruce Willis (che ha annunciato il ritiro dalle scene a causa dell’afasia che lo affligge) ha scatenato in tutti i fan le reazioni simili a quando scompare qualcuno che si è molto amato, aumentate dall’immagine di Bruce il duro, campione del cinema d’azione anni ’90, una pellaccia di quelle che sembrano non morire mai.
Per noi Bruce Willis è John McClane del primo Die Hard (dei quali contiamo solo i primi tre) che in canottiera e con un braccio conciato male tira giù da solo una intera squadra di terroristi passando per i bocchettoni dell’aria di un grattacielo, mandando messaggi scritti sulle maglie dei cadaveri, e quello di John McClane, poliziotto, fumatore, mezzo alcolista, con un gran senso dell’umorismo e crescenti problemi con la moglie che è l’amore della sua vita, quello dell’eroe suo malgrado, insomma, è un ruolo che Willis ha interpretato diverse volte con minime varianti.

 


Pensate al pugile Butch di Pulp Fiction, un duro come il muro che riesce a contenersi quando in mezzo a una fuga disperata la fidanzata si dimentica l’unica cosa che gli aveva chiesto di ricordare, l’orologio del padre (ne approfitto per ricordare che il monologo di Christopher Walken sull’orologio è un gran pezzo di cinema).

 


Pensate al carcerato James Cole che cerca di salvare il mondo in quel ricordo dentro a un sogno che è “L’esercito delle dodici scimmie”, allo scavatore Harry Stamper che davvero salva il mondo in “Armageddon”, un film che ho visto mille mila volte e che continuo a guardare piangendo e ululando I will always looooove youuuuuu beiiiiiiibe, al poliziotto John Hartigan che si sacrifica per una ragazzina in “Sin City”, ma anche lo psicologo un po’ bolso de “Il sesto senso”, e ovviamente il supereroe di “Unbreakable” e degli altri sequel di Shyamalan. Sono tutte versioni diverse dell’eroe suo malgrado, e Bruce Willis è il migliore di tutti in questo personaggio.

Ma il mio preferito, il mio Bruce Poliziotto in Crisi preferito, è un film di serie B con dei dialoghi da film di serie AAA+ ovvero “L’ultimo Boyscout” di Tony Scott che si bulla della sceneggiatura più bella mai scritta da Shane Black, dove il duro come il muro Joe Hallenbeck ex agente dei servizi segreti congedato dopo aver insultato un senatore incontra il troppo ciarliero Jimmy Dix, ex quarterback squalificato a vita per droga e scommesse. “L’ultimo boyscout” è un favoloso buddy movie, dove Willis e Damon Wayans (il papà di “Tutto in famiglia”) per tutto il tempo si rilanciano battute scintillanti e scorrettissime su neri, donne, grassi, omosessuali, scoiattoli. L’eroe suo malgrado di Willis è sempre sboccatissimo, ma in questo film arriva a vette sublimi e offende un intero campionario di categorie, regni e specie, arrivando vicino, per quantità, alla memorabile litania del Cicàna di Luigi Meneghello.
L’acqua è bagnata, il cielo è blue, le donne hanno dei segreti e l’ultimo boyscout avrà sempre un posto nel mio cuore.

 

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