Piva: “La mia infanzia a Piacenza durante la seconda guerra mondiale”

23 Aprile 2022 05:04

“Norme per il contegno della popolazione civile in caso di allarme aereo. Al segnale di allarme conservare la calma ed infonderla a coloro che eventualmente l’abbiano perduta: il panico può dare luogo a gravi inconvenienti; contro coloro he lo provocano è doveroso agire con la forza”. Manifesti riportanti avvisi come questo erano collocati tra le vie di Piacenza per volere delle Prefettura durante il secondo conflitto mondiale.

Ieri uno di quei manifesti – insieme a tanti altri reperti e documenti storici – è stato esposto nel salone d’onore del castello di San Giorgio dal Gruppo ricercatori aerei caduti (Grac): associazione nata nel 2011 a Piacenza per volere di un gruppo di amici accumunati dalla passione per la storia, soprattutto quella locale.

In rappresentanza del Grac c’erano Cristiano Maggi e Stefano Terret;con loro Giuseppe Piva, classe 1933, che ha incontrato i ragazzi delle classi terze della scuola media di San Giorgio per raccontarli come ha vissuto la propria infanzia a Piacenza durante la guerra.

“Un incontro prezioso che ha fatto capire ai ragazzi e a tutti noi quanto la storia ci abbia insegnato poco” le parole del sindaco di San Giorgio Donatella Alberoni. “Guardando il manifesto del 43 della prefettura di Piacenza per gestire gli sfollamenti – ha spiegato il primo cittadino – è impossibile non pensare a quanto sta succedendo in Ucraina e in tutti quei paesi, nel mondo, devastati dalla guerra”.

Il sindaco infine ha ringraziato l’associazione Grac e Giuseppe Piva “per la preziosa testimonianza”. L’ottantanovenne ha raccontato ai ragazzi diversi aneddoti tra cui quella volta in cui, nel maggio del 1944, prese uno “sberlotto” dal padre perché – mentre gli arei passavano sopra i tetti delle case – corse fuori dal rifugio incuriosito da quello che stava succedendo, non comprendendo a pieno il rischio della sua azione.

Giuseppe da bambino abitava in una casa vicino al ponte del Po. Da quella abitazione – insieme alla sua famiglia – dovette scappare e rifugiarsi a Zaffignano. Poche settimane dopo la loro fuga quella casa venne bombardata e distrutta. Prima di scappare da Piacenza, Giuseppe ha raccontato ai ragazzi di quando per la prima volta percepì i drammi della guerra: “A scuola, durante la ricreazione, stavo mangiando una mela; a un certo punto mi venne vicino un compagno di classe chiedendomi se potevo lasciargli il torsolo, perché lui non aveva più niente”.

“I ragazzi sono stati colpiti dai racconti di Giuseppe ed è stato un piacere vederli così interessati – ha commentato Maggi – eventi come questo aiutano a coltivare la memoria e ampliare la sensibilità”.

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