Oggi noi stiamo dove dobbiamo stare: “Questo mondo non mi renderà cattivo” è la nuova serie di Zerocalcare

Di Barbara Belzini 10 Giugno 2023 04:03

Non deve essere semplice essere Zerocalcare, o una persona famosa che vuole continuare a essere una persona che “sta dove deve stare”. Dopo “Strappare lungo i bordi” la “sua” nuova serie animata (alla quale, ci tiene a precisare, hanno lavorato circa 300 persone) è piena di precisazioni, puntualizzazioni, disclaimer, prese in giro del romanesco che gli ha attirato tante critiche al primo giro: “Questo mondo non mi renderà cattivo” mette in chiaro le idee del suo autore e onestamente ci vuole una certa tigna anche solo per cercare di tenere sotto controllo tutte le possibili variabili di una storia cercando di non urtare la sensibilità di nessuno.

Lo sguardo cinematografico di Zerocalcare ci porta ancora nei suoi luoghi, a raccontare una vicenda dei nostri giorni: nel suo quartiere arrivano una trentina di rifugiati dalla Libia, e con loro arrivano le polemiche, i nazisti, le battaglie degli attivisti. La storia comincia con Zero, Secco e Sara in questura: da qui parte una lunga ricostruzione della settimana che li ha portati lì, del passato più lontano che li ha portati lì, e altre mille digressioni portate avanti come in lungo flusso di coscienza.

 

È un racconto politico, umano, e divertente quello del fumettista romano, che come sempre mescola valori, identità, fobie, manuale dei maschi, la coscienza dell’armadillo o meglio la coscienza di Valerio Mastandrea e altre voci nuove da scoprire e ovviamente senso di colpa, valanghe di senso di colpa, aumentato dall’essere uscito dal mucchio dei “falliti rancorosi”: il tutto ancora una volta prende vita dal suo mondo, quello dove c’è Secco, che anche il gelato, il sangue dal naso, il poker on line e i bomboni, è sempre capace di distinguere cosa è giusto e cosa è sbagliato e Sara “che c’è sempre quando serve, che mette insieme i cocci, che tiene dritta la barra della vita mia vita”.

 

“La commissione dei malmostosi” li chiama Zero, che ridono sguaiatamente “per non sentire i mostri” oppure sono in perenne tensione, ma raramente sorridono sereni, ma questa volta qualche motivo c’è, perché Sara sta per avere un incarico in una scuola, e questo la emoziona e la destabilizza. E poi c’è Cesare, che è un misto di tanti Cesare che girano nel quartiere, Cesare che torna dopo vent’anni, Cesare che quando erano ragazzini gli ha dato un gettone per completare l’ultimo livello, Cesare che con Zero poteva essere diverso, Cesare che anni dopo gli ha chiesto dei soldi perché a sua madre non arrivava la pensione, Cesare che è rimasto solo ed è diventato un cittadino rancoroso.

 

C’è la musica, i Cure, i Clash, gli Oasis, Lou Reed, i Ricchi e Poveri, e Giancane con la sigla “Sei in un paese meraviglioso”.
E come sempre c’è poesia, quella dell’amicizia, quella di Sara e delle sue palate di saggezza, della solidarietà, delle metafore letterarie proibite dal codice dei maschi, quella di Orfeo e Euridice, ma “Non c’è Orfeo dentro questa storia, c’è solo Euridice e nessuno che la va a cercare, che dopo vent’anni torna da sola e la gente si stupisce pure che non è più la stessa”.

 

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