Bar al collasso: “17mila euro di spese e zero incassi in quasi due mesi di stop”

04 Maggio 2020 04:01

Bollette di luce e gas, canone d’affitto e debiti verso i fornitori: 17mila euro di costi totali nei mesi di marzo e aprile. Incassi e aiuti economici: praticamente zero. In questo periodo di emergenza Coronavirus l’unica costante del bar “Caffè del Re” alla Farnesiana – così come tutti gli altri pubblici esercizi di Piacenza – è stata una sola: spese, spese e ancora spese. La responsabile Elena Ambros, contitolare dell’attività insieme a Elena Zhuvarlia, si mette le mani nei capelli: “Senza contributi a fondo perduto – dice con disperazione – si rischia il fallimento”. E non a caso il bar “Caffè del Re” è stato uno dei primi ad aderire al comitato di protesta “Aprire o morire”, che mercoledì 6 maggio potrebbe scendere in piazza Cavalli per rivendicare una riapertura sicura o provvedimenti shock da parte delle istituzioni.

“Io e la mia socia abbiamo abbassato la saracinesca lo scorso 12 marzo – racconta Elena – in seguito al decreto anti-contagio del Governo Conte. Ma già nei giorni prima, dallo scoppio dell’epidemia in poi, si lavorava davvero poco. Tra marzo e aprile la nostra attività ha dovuto sostenere una serie di costi importanti, pari a circa 17mila euro. D’altronde l’affitto dei locali non è stato sospeso, così come alcuni canoni d’utenza e i debiti per l’acquisto di bevande, brioche e altri prodotti invenduti”.

E il guadagno, neanche a parlarne, è stato ridotto all’osso: “Nei primi dieci giorni di marzo abbiamo incassato cinquemila euro. Dopodiché, con la chiusura forzata dei pubblici esercizi, c’è stato solo lo zero assoluto. Di solito, nei mesi di marzo e aprile dell’anno scorso, il fatturato s’aggirava intorno ai cinquantamila euro”. La contitolare del “Caffè del Re” spiega che il bonus da 600 euro non è mai arrivato e i quattro dipendenti non hanno ancora ricevuto la cassa integrazione. “Abbiamo bisogno di un’iniezione di risorse almeno di 17mila euro, per compensare le perdite economiche subite negli ultimi due mesi. Altrimenti temiamo un crollo totale dell’attività”.

“ASSOCIAZIONI DI CATEGORIA IN PRIMA LINEA PER I COMMERCIANTI” – “Le richieste del comitato di esercenti ‘Aprire o morire’ sono condivisibili, ma una manifestazione di piazza non la è”. Nicolò Maserati, presidente provinciale di Confesercenti, da una parte invita il gruppo auto-organizzato di piccoli commercianti a “non andare sopra le righe” e dall’altra sottolinea l’impegno profuso dalle associazioni di categoria per “rappresentare le difficoltà economiche dei vari comparti” in seguito all’emergenza coronavirus. Il referente di Confesercenti ribadisce le istanze finora portate avanti nei tavoli istituzionali: “Le attività necessitano di finanziamenti a fondo perduto. La riapertura di bar e ristoranti addirittura a giugno è insostenibile. E servono regole chiare sulla cosiddetta fase due, perché l’acquisto delle attrezzature anti-contagio potrebbe comportare ulteriori investimenti”. Anche Raffaele Chiappa, presidente provinciale di Confcommercio, tira le somme della discussione intrapresa con all’amministrazione comunale sui provvedimenti economici destinati a negozi e pubblici esercizi. “Siamo a buon punto, dopo diverse settimane di confronto. Le richieste di sostegno alle imprese martoriate dall’allerta Covid sono queste: azzeramento dell’imposta sul plateatico nelle mensilità di chiusura forzata, agevolazioni sull’ampliamento del dehors esterno in vista della riapertura in sicurezza, esenzione dal pagamento della tassa sui rifiuti nel periodo in cui Iren non ha dovuto raccogliere l’immondizia dei negozi chiusi, ripresa dei mercati, sospensione dell’imposta di soggiorno per gli alberghi e iniezione di risorse a fondo perduto”.

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