A Piacenza tira una brutta aria, colpa (anche) degli alti livelli di ozono

05 Agosto 2021 06:00

In breve:

  • Anche quest’anno a Piacenza i livelli di ozono sono oltre la soglia consentita
  • La stazione Arpae di Montecucco tra gennaio e inizio agosto 2021 ha già superato il limite 36 volte
  • L’intervento della dottoressa Francesca Frigo, responsabile provinciale della rete di monitoraggio della qualità dell’aria di Arpae
  • Grafici e rilevazioni sulla qualità dell’aria in provincia

A Piacenza tira, o meglio si respira, una “brutta aria”. No, non è la lamentela di un concittadino abbattuto oppure una qualche specie di luogo comune. È questione di ozono, quello troposferico, che si accumula negli strati bassi dell’atmosfera e può danneggiare la salute della popolazione. All’inizio del mese di agosto Arpae ha già registrato 36 sforamenti dei livelli di concentrazione del gas nell’aria della città, 11 in più rispetto al limite fissato per legge proprio per preservare la salute degli abitanti. Il tema dell’ozono tuttavia non riguarda solo Piacenza, quanto l’intera Pianura padana. Per comprendere la portata del fenomeno abbiamo chiesto aiuto alla dottoressa Francesca Frigo, responsabile provinciale della rete di monitoraggio della qualità dell’aria di Arpae. Ne emerge un quadro preoccupante e ben documentato dai numeri, di seguito riportati.

Montecucco a fine luglio ha già ampiamente superato i limiti di legge

Pochi giorni fa Legambiente ha lanciato l’allarme: a Piacenza i livelli di ozono hanno raggiunto una soglia preoccupante. Il riferimento è ai dati rilevati e forniti da Arpae, che quotidianamente monitora la qualità dell’aria nelle province emiliano-romagnole. La stazione di monitoraggio situata nel parco di Montecucco, a Piacenza, ha superato il limite massimo di concentrazione dell’ozono già 36 volte dall’inizio del 2021. La legge imporrebbe, a tutela della salute della popolazione, un massimo di 25 giorni di superamento nell’arco di un interno anno. Oltre a Montecucco anche la stazione di Lugagnano si trova oltre il limite, avendo già totalizzato 31 sforamenti da inizio anno.

Pur essendo preoccupante, questa notizia non aggiunge in realtà nulla di nuovo ad una situazione che Piacenza e provincia conoscono bene da tempo: lo sforamento dei livelli di ozono imposti dalla legge, in città, avviene sistematicamente ogni anno, da oltre dieci anni.

In cosa consistono questi limiti di ozono?

“I limiti da rispettare in realtà sarebbero due”, spiega la dottoressa Francesca Frigo, responsabile provinciale della rete di monitoraggio della qualità dell’aria di Arpae. “Il primo limite è quello dei 120 microgrammi di ozono per metro cubo di aria. Noi rileviamo la concentrazione di ozono in tempo reale e poi calcoliamo la media delle ultime otto ore [la media mobile, ndr]. Se questa media supera i 120 microgrammi per metro cubo anche solo una volta durante la giornata, allora quest’ultima viene considerata per il calcolo dei 25 giorni di limite”. In altre parole la misura dei 120 microgrammi di concentrazione di ozono permette di constatare uno sforamento oltre il limite che permane nell’arco di una intera giornata. “In realtà il limite dei 25 giorni andrebbe considerato come media degli sforamenti avvenuti negli ultimi tre anni ma nel caso di Piacenza, dove questo tetto viene superato ogni anno, la questione non si pone”, continua la dottoressa Frigo. “Poi c’è l’altro limite, la soglia di informazione, che riguarda il limite orario dei 180 microgrammi per metro cubo e che, per fortuna, da inizio anno le nostre stazioni non hanno ancora superato”. Ulteriore soglia definita di “allarme” è quella che scatta al superamento per tre ore consecutive dei 240 microgrammi di ozono al metro cubo.

Perché la legge ha fissato i limiti a 120 e 180 microgrammi?

“Questi valori sono dettati dalla legge e sono frutto del recepimento della normativa europea, tuttavia ad esempio l’Organizzazione mondiale della sanità per quanto riguarda le soglie di guarda riporta valori anche inferiori”, spiega Frigo. Nelle linee guida dell’Oms sulla qualità dell’aria, in effetti, si legge che l’obiettivo di lungo termine per la concentrazione di ozono nell’aria dovrebbe attestarsi sui 60 microgrammi per metro cubo in una media di otto ore e sui 120 microgrammi per metro cubo come picco massimo orario. Valori inferiori a quelli richiesti dalla legge che, in ogni caso, a Piacenza e nella Pianura padana vengono sistematicamente oltrepassati.

Quali effetti ha l’alta concentrazione di ozono sulla salute dell’uomo?

Nello stesso documento sopracitato, l’Oms riporta sintomi ed effetti dell’esposizione di un’ora a vari livelli di inquinamento. La gravità dell’impatto è ovviamente direttamente proporzionale ai livelli di ozono rilevati nell’aria.

“L’Oms descrive gli effetti a seconda della concentrazione di ozono rilevata, ma non è il solo ozono ad agire”, precisa Francesca Frigo. “Mi spiego meglio. L’ozono è un tracciante di tutta quella serie di reazioni che si sviluppano nell’atmosfera in presenza di radiazione solare, temperature elevate e combustibile di reazione, ovvero gli ossidi di azoto e gli idrocarburi presenti nell’aria”. In altre parole i gas nocivi emessi dall’attività dell’uomo forniscono alla radiazione solare e alle alte temperature la “materia prima” con cui innescare la reazione chimica che dà vita all’ozono, poi destinato a depositarsi della troposfera minacciando la salute della popolazione. “Noi misuriamo i livelli di ozono, ma nell’aria si formano tutta una serie di altre sostanze pericolose per la salute, ciò che prende il nome di smog fotochimico”.

Il livello di ozono nel corso del 2021 è davvero così grave?

Al 3 agosto 2021 il numero di sforamenti registrati dalla stazione di Montecucco erano 36 dall’inizio dell’anno. Il 3 agosto 2020, un anno prima, si era già toccata quota 47. Di fronte a questi numeri si potrebbe affermare che nel 2021 la situazione sia migliorata rispetto a dodici mesi fa, ma la dottoressa Frigo dissente. “Il 2020 è stato un anno drammatico per la qualità dell’aria, abbiamo registrato molti superamenti. Bisogna però considerare la variabilità del clima che, per l’appunto, varia di anno in anno e condiziona i valori registrati. Anche per questo si tende a considerare la media degli sforamenti degli ultimi tre anni. Tuttavia anche quest’anno, che dal punto di vista climatico potremmo considerare favorevole per una riduzione dei livelli di ozono, siamo già ben al di là dei limiti dettati dalla legge”. Poco da festeggiare, insomma: “Anche se nel 2021 dovessimo registrare un numero di sforamenti inferiore a quello del 2020 questo non costituirebbe quindi un passo avanti. È proprio del concetto di miglioramento in generale che non si può parlare, perché la situazione di Piacenza e della Pianura padana è parecchio critica”.

Il problema non riguarda solo la città, ma anche la provincia

Sarebbe un grave errore illudersi che la spinosa questione dell’ozono si limiti ad un problema della città. L’inquinamento dell’aria riguarda infatti  tutte le stazioni di rilevamento Arpae della provincia di Piacenza.

Come si può notare dal grafico, tra il 2010 e il 2020 anche la stazione di Corte Brugnatella ha superato più volte il limite di legge. Nel 2019 e nel 2020 lo ha fatto consecutivamente. “Quello dell’ozono è un problema che coinvolge l’interno bacino padano”, spiega la dottoressa Frigo. “I dati di Corte Brugnatella permettono di apprezzare l’aumento dei livelli di ozono arrivato per trasporto, non essendo quell’area una sorgente di emissione della sostanza. Questo ci dice che l’ozono è distribuito in modo molto omogeneo sul territorio e rappresenta un problema a scala di bacino padano”. “Nella Pianura padana si creano le condizioni per la formazione di questo inquinante. Anche nelle giornate in cui il clima è ventilato, non ci sono temperature elevate, la radiazione solare non è molto intensa, la reazione non viene innescata e il livello di ozono è più basso, il combustibile necessario per la reazione è comunque presente nell’aria”. Il clima e il livello di inquinamento della Pianura padana quindi, specialmente con le sue elevate temperature estive, permettono all’ozono di raggiungere livelli di concentrazione preoccupanti, specialmente nei mesi estivi (durante i quali si colloca il maggior numero di superamenti).

Valori massimi giornalieri di ozono registrati nelle quattro stazioni di monitoraggio Arpae nel 2020 (la linea rossa rappresenta il limite dettato dalla legge di 120 microgrammi di ozono per metro cubo)

La relazione tra livello di ozono e temperatura è inoltre chiaramente apprezzabile nel grafico seguente, relativo all’anno 2019.

All’aumentare della temperatura, in concomitanza con i mesi estivi, il livello di ozono rilevato nella stazione di Montecucco aumenta proporzionalmente. Le elevate temperature e le radiazioni solari “trasformano” le sostanze inquinanti presenti nell’aria in ozono.

Essendo fortemente dipendente dalla luce del Sole e dalla temperatura, il livello di ozono nell’aria dà vita ad un ciclo diurno. Comincia a formarsi e accumularsi dopo l’alba, raggiunge il suo picco nel pomeriggio (tra le 15 e le 16) e poi va diminuendo in concomitanza con la discesa delle temperature e l’avvicinarsi del tramonto.

La concentrazione oraria media di ozono rilevata dalla stazione di monitoraggio Arpae del parco di Montecucco. La linea rappresentante la concentrazione della sostanza in estate, in giallo, sovrasta le altre.

Come si può risolvere il problema?

“Restando nell’ambito di mia competenza non posso che ribadire come l’ozono rappresenti una criticità a livello di Pianura padana”, spiega Francesca Frigo. “Ad un problema di questa portata non si può rispondere con singole iniziative locali. Il contenimento locale è impraticabile, perché come abbiamo visto l’ozono si muove e per trasporto raggiunge anche località lontane dalle sorgenti di inquinamento. Bisogna abbattere gli inquinanti alla base della formazione dell’ozono, come gli ossidi di azoto”. Vietato inoltre agire immaginando che siano le sole auto a generare inquinamento, serve una visione di insieme: “Quando parliamo di emissioni non dobbiamo incappare nell’errore di limitarci all’emissione delle auto e dei mezzi di trasporto. Bisogna considerare anche, per esempio, le emissioni delle industrie operanti nel territorio”. Insomma la qualità dell’aria piacentina (e non solo) potrà migliorare soltanto a fronte di azioni concrete e di sistema, dato che il tema dell’ozono è di portata troppo ampia per poter essere affrontato con riserve o approcci conservativi.

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