La proposta delle élite, rinunciare all’aereo per salvare l’ambiente

26 Agosto 2021 06:00

In breve:

  • Il 2% delle emissioni di CO2 è causata dai voli commerciali
  • Il suggerimento di Tony Blair: rinunciare all’aereo
  • In realtà i passeggeri abituali sono solo una minima parte del totale dei cittadini
  • Un episodio di ipocrisia da Bruxelles: l’Ue ha aumentato il budget per i jet privati

L’istituto per la globalizzazione di Tony Blair ha pubblicato un documento per suggerire come ridurre le emissioni legate ai voli commerciali: prendere meno voli. Una soluzione lapalissiana (tuttavia rilanciata dai principali media britannici) che apre ad una questione seria, ovvero quanto conta davvero l’inquinamento dei voli nel complesso delle emissioni di gas serra. Le risposte sono meno ovvie di quanto si possa immaginare.

Quanto gas serra emettono i voli?

Ci sono diverse stime che però convergono su valori sovrapponibili. Secondo l’Icct (Consiglio internazionale per il trasporto pulito) i voli degli aerei commerciali costituiscono circa il 2,4% del totale delle emissioni di anidride carbonica annuali. Più conservativa la stima dell’Atag (Gruppo di azione per il trasporto aereo) che parla di 2% di tutte le emissioni di CO2 attribuibili all’attività umana. Sempre secondo l’Atag agli aerei si può attribuire il 12% delle emissioni di anidride carbonica provenienti da tutti i mezzi di trasporto. Decisamente meno rispetto al 74% stimato per il trasporto su terra che, quindi, in termini di gas serra sarebbe decisamente più impattante. Secondo la Federazione europea per il trasporto e l’ambiente l’industria dell’aviazione sarebbe responsabile del 5% del riscaldamento globale (in termini di gas emesso dai propulsori che contribuiscono all’aumento delle temperature).

Non solo anidride carbonica…

Secondo il sito Carbon brief le emissioni di CO2 legate ai voli sarebbero “facili da comprendere” e quindi da stimare. Stando ai loro calcoli dal 1940 ad oggi sarebbero state emesse 32,6 miliardi di tonnellate di anidride carbonica nell’atmosfera, quasi il 50% di queste negli ultimi vent’anni. A titolo di paragone, l’Icct stima  che l’emissione di CO2 sia incrementata del 32% tra il 2013 e il 2018, avvalorando la tesi di Carbon brief. Il biossido di carbonio però rappresenterebbe comunque solo il 34% dell’effetto “serra” legato all’aviazione. La restante parte (66%) è da imputare soprattutto ai nitrossidi di azoto emessi dalla combustione del carburante degli aerei che però, tuttavia, godono di minore visibilità mediatica.

La soluzione per inquinare meno? Volare di meno

L’Istituto per il cambiamento globale di Tony Blair ha pubblicato un documento nel quale elenca i cambiamenti necessari nelle abitudini quotidiane dei cittadini per il raggiungimento della neutralità climatica. Tra le “prescrizioni” degli esperti in questione vi sarebbe anche una riduzione nei viaggi in aereo: “Non è necessario che tutti smettano di volare, basterebbe ridurre il numero pro-capite di chilometri percorsi in aereo del 6% tra il 2019 e il 2035”. Sempre tenendo presente la fonte di questo documento, una organizzazione senza scopo di lucro che promuove una “globalizzazione in favore di tutti, non di pochi”, le prescrizioni dell’Istituto dell’ex premier britannico sono state rilanciate anche dalla Bbc e pertanto stanno avendo una certa eco nel dibattito. Non sono tra l’altro le uniche contenute nel documento. Le altre più rilevanti sono state riportate nel grafico seguente.

In realtà però i passeggeri abituali degli aerei sono solo una minima parte

La proposta dell’Istituto di Tony Blair cozzerebbe però con il numero effettivo di viaggiatori abituali, coloro i quali dovrebbero cambiare le loro abitudini per ridurre le emissioni. Secondo una stima del direttore del settore aviazione dell’Icct Dan Rutherford solo il 3% della popolazione mondiale viaggerebbe abitualmente in aereo, “contribuendo” alle emissioni di gas serra. Una statistica non ufficiale e difficile da verificare, che apre ad una questione di classe sociale. Un altro studio, stavolta revisionato, sottolinea come nel 2006 i cittadini statunitensi con un reddito annuo superiore ai 75mila dollari abbiano emesso 13,74 tonnellate di CO2 pro capite all’anno legate ai voli aerei mentre i cittadini con reddito inferiore ai 5mila dollari soltanto 5,5 tonnellate. Nel Regno unito invece le persone con un reddito annuo superiore alle 40mila sterline annue hanno dato un contributo in termine di emissione di CO2 3,5 volte superiore rispetto alla classe meno abbiente (sotto le 10mila sterline annue). Insomma il problema si presenta per ciò che è: una questione complessa e stratificata per la quale non esistono soluzioni semplici.

Un episodio di ipocrisia delle istituzioni europee

Non si può non citare in questa sede un ultimo esempio di dissociazione tra l’agenda politica legata alla transizione ecologica e l’ennesima concessione di “classe”. Il prestigioso sito Politico (ben radicato e informato nell’ambiente di Bruxelles) ha recentemente pubblicato un articolo nel quale denuncia un provvedimento contraddittorio delle élite europee. La Commissione europea avrebbe infatti ulteriormente incrementato la spesa destinata a finanziare i viaggi in jet privato delle principali cariche dell’Ue. Per la precisione il nuovo contratto quadriennale per il servizio “air taxi” costerebbe alle casse comunitarie 13,5 milioni di euro, contro i 10,71 milioni previsti nel precedente quadriennio.

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