Dall’ingegneria aerospaziale ai giochi da tavolo: ecco la storia di un progetto coraggioso

In questi giorni, sul sito di finanziamento collettivo per progetti creativi Kickstarter, è apparsa un’interessante campagna dedicata a un war game chiamato Pocket Air War Definitive Edition. Un progetto italiano al 100% capace di catturare tutta l’emozione di pilotare un aereo nei cieli della seconda guerra mondiale, ma con un regolamento facile da imparare anche per un bambino di 10 anni.

La casa editrice dietro questo progetto è una piccola realtà chiamata WBS guidata da Carlo Amaddeo, un ingegnere aerospaziale laureatosi negli Usa, determinato a seguire a tutti i costi il suo amore per il gioco “analogico”. Abbiamo deciso di incontrarlo per capire meglio questa sua passione.

Ciao Carlo, prima di tutto ci puoi raccontare la tua particolare formazione scolastica?

« Ho iniziato Ingegneria Meccanica per poi spostarmi ad Aerospaziale: il corso di studi in quell’ambito mi aveva sempre intrigato, quanto intimorito, provenendo dal liceo classico. Per fortuna la mia passione per l’aviazione e, più in particolare per l’aerodinamica, mi ha consentito di andare avanti fino a scontrarmi con mille vicissitudini burocratiche. Quando mi fu chiaro che per fare gli ultimi pochi esami ci avrei messo anni, tra un cambio di ordinamento e l’altro, mi trasferii a Charlotte, in North Carolina, patria dei motori Usa proprio per concretizzare il tutto con il corso di Ingegneria del Motorsport ».

Da lì a fondare una casa editrici di giochi da tavolo come la WBS non è proprio un percorso consueto. Come ci sei arrivato?

« Ho lavorato per diversi anni in provincia di Padova come acquisitore, professione che mi ha dato tantissimo in termini di preparazione, non solo in termini di tecnica e tecnologia, ma soprattutto in un’ottica che definirei di filosofia di produzione. Ho avuto la fortuna di lavorare in un’azienda in cui si applicava il Kan Ban (un metodo di gestione del flusso di lavoro), il lean thinking e il miglioramento continuo, tutte caratteristiche che mi porto dietro anche nella vita di tutti i giorni e che più di una volta hanno messo in grado WBS Games di sopravvivere nonostante la volatilità del mercato.

WBS, che sta per We Build Smiles – Costruiamo sorrisi – è nata al mio rientro a Roma per motivi personali. Dopo qualche esperienza molto insoddisfacente nel mondo degli acquisti romani, ho deciso di provare a mettere in pratica in autonomia tutto quello che avevo imparato negli anni precedenti».

Gestire una casa editrice di giochi da tavolo è sufficiente per vivere o serve avere anche un altro lavoro?

«Da buon pragmatico, mi ero informato in dettaglio sulla “sorte” dei proprietari di case editrici di giochi e tutti, in un coro unanime, urlavano con disperazione di lasciare perdere. Tuttavia, poiché sono tanto pragmatico quanto sognatore, ho deciso che, pur consapevole che non avrei mai realizzato il sacro graal dei giochi, né che tanto meno sarei diventato milionario, in fin dei conti provare era la cosa giusta da fare. Oggi mi unisco alla folla degli urlatori: la realtà è che da solo non vai da nessuna parte. In due, come iniziò il caro Alfredo Genovese di Ghenos, arrivi a fatturare anche un milione di euro abbondante coi giochi. In 11 sei strutturato quanto una grossa casa editrice americana e fatturi 24 milioni di dollari. In sostanza, da solo non combini nulla, ma basta poco per cambiare le cose. Io, da solo, riesco a vivere con questo lavoro, ma solo grazie alla pazienza delle persone che mi vogliono bene e sopportano insieme a me gli alti e bassi che questa avventura in solitaria comporta ».

Come la tua formazione scolastica ha influito sulle meccaniche di gioco di Pocket Air War?

« Insieme all’amico Luca Chiaffarino stiamo sviluppando un nuovo gioco di simulazione di combattimenti aerei moderni e in quello devo ammettere che ha influito tantissimo: realizzare un modello di volo simulato per un gioco da tavolo è davvero complicato, perché devi rendere fruibile a tutti qualcosa che ha un livello estremamente elevato di complessità intrinseca. Anche tutta la parte dei sistemi e della sensoristica di bordo deve essere ridotta ai suoi tratti essenziali per la simulazione. Quello che la formazione scolastica ti dà, per realizzare giochi come Pocket Air War, è il metodo di lavoro, la disciplina nel restare concentrato per ore nell’elaborare un pensiero fino a renderlo qualcosa di tangibile e reale. Chiaramente, la formazione tecnica specifica mi aiuta a capire se il modello di volo di un aereo simulato è realistico e non semplicemente congruo con un modello matematico. Ma quello che fa la differenza, secondo me, è la formazione umanistica: l’aereo potrà essere anche realistico, ma se non si muove all’interno di una realtà storica ben determinata, non è accompagnato da un’esperienza umana retrostante, allora rimane uno sterile sforzo cognitivo. Il grande schermo ci ha fatto vivere gli aviatori come eroi alati, senza paura, pronti a qualsiasi avventura, scevri da qualunque sentimento umano che non fosse l’odio per il nemico o l’amore per l’attraente protagonista femminile di turno. La realtà è che il Barone Rosso era depresso e quando fu abbattuto indossava il pigiama sotto la tuta di volo. Un altro grande asso, Immelman, atterrava a fianco degli aerei sconfitti per sincerarsi che l’avversario stesse bene e non avesse subito ferite gravi. Queste sono le storie che raccontiamo nei nostri giochi. Vogliamo che siano prima di tutto storie di uomini».

Pensi che i war games abbiano un potenziale per interessare il pubblico più giovane appassionato di videogiochi?

« Decisamente sì. Il bambino non vuole giocare necessariamente con i videogame, vi è in qualche modo costretto. Durante la presentazione di un progetto presso una scuola elementare, cercando adesioni, i piccoli alunni bramavano di poter giocare con i giochi da tavolo, ma si scontravano con genitori che davano le risposte più avvilenti del mondo come: “Sei matto? Così non ti stanchi e devo sopportarti la sera”, oppure “Devi fare Inglese, danza, calcio, scout” e chi più ne ha più ne metta. I bambini non giocano più e quelli umani sono gli unici piccoli del mondo animale che non giocano. Giochi come Pocket Air War, semplici, di breve durata ma appassionanti, consentono al bambino di giocare e socializzare e, all’adulto, di poter interagire in maniera sana con loro. Non ci si rende conto che se un bambino non gioca, non sviluppa la creatività, il pensiero laterale, la fantasia: potrà essere il bambino più tecnologico del mondo, ma rimarrà limitato entro i limiti della tecnologia stessa».

Quali progetti futuri ha la WBS?

«Ci vorrebbe un’intervista solo per questo. Nel prossimo futuro proporremo giochi nuovi, su varie tematiche che abbracciano la simulazione storica-militare e non, accompagnati da riedizioni migliorate delle vecchie glorie di WBS Games da Legend, il gioco sulla Mille Miglia a Dark Ages, il bellissimo gioco di battaglie medioevali di Paolo Ciarlo».

di Carlo Chericoni

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