Il Regno Unito decreta: «Mary Poppins non è un film per bambini»

Alzi la mano chi ha guardato “Mary Poppins” almeno una volta durante la propria infanzia. La risposta, lo sappiamo, sarà unanime. La pellicola in tecnica mista del 1964 diretta da Robert Stevenson – basata sull’omonima serie di romanzi della scrittrice britannica Pamela Lyndon Travers – è uno dei classici Disney di maggior successo, così redditizio da permettere a Walt Disney di acquistare terreni nella Florida centrale per finanziare la costruzione del parco di divertimenti Walt Disney World.

Il film è anche l’opera che ha permesso all’attrice Julie Andrews di aggiudicarsi un Premio Oscar come Migliore Attrice protagonista nel 1965, e le sue tantissime canzoni – come “Supercalifragilisti -chespiralidoso” o “Un poco di zucchero” – sono diventate veri e propri inni per diverse generazioni di bambini, che hanno amato e continuano ad amare tuttora la magica tata venuta dal cielo.

Eppure, proprio quel film che è stato per anni un prodotto classico per l’infanzia rischia di assistere ad una svolta clamorosa. Appena qualche giorno fa la British board of film classification (BBFC), l’ente pubblico britannico che si occupa di classificare i prodotti audiovisivi secondo le regole della censura, ha deciso di assegnare una nuova categoria di classificazione per la pellicola. Fino ad oggi, infatti, “Mary Poppins” era stato etichettato sotto la categoria “U” (ossia “universal”, che sta a indicare tutti i titoli audiovisivi “per tutti”), e dunque fruibile senza limiti da qualsiasi target di pubblico.

Con la riclassificazione decisa dalla BBFC, al film del 1964 è stato assegnato il bollino “PG” (parental guidance), per cui si intendono quei titoli per cui è consigliato che i minori siano accompagnati da un adulto durante la visione. Il motivo? All’interno del film vengono utilizzati termini ritenuti oggi discriminatori, che potrebbero urtare la sensibilità degli spettatori contemporanei. In particolare, a spingere alla decisione di riclassificare “Mary Poppins” è l’utilizzo della parola “hottentots” (ottentotti) per due volte ad opera di uno dei personaggi secondari del film, l’anziano ammiraglio Boom, che la utilizzerebbe riferendosi agli spazzacamini, capitanati dallo spazzacamino canterino Bert (interpretato da Dick Van Dyke), in relazione al loro viso sempre sporco dovuto alla fuliggine nera. Il termine, oggi ritenuto offensivo e discriminatorio, era in uso dal Seicento da Olandesi e successivamente dagli Inglesi a seguito della colonizzazione del Sudafrica, per riferirsi ad alcuni gruppi di autoctoni, soprattutto in merito a pastori nomadi (oggi conosciuti come Khoekhoe).
Secondo alcuni studiosi, anche se in realtà l’etimologia resta dubbia, tale parola era usata per schernire la parlata di queste popolazioni, perché all’orecchio risultante simile ad una balbuzie o ripetitiva, per poi essere estesa a indicare in modo generico qualsiasi persona di queste etnie. Per questa ragione, il vocabolo è stato progressivamente bandito in Sudafrica e in altre culture in lingua inglese, motivo per cui la BBFC ha scelto di procedere a questa riclassificazione, che resta comunque consigliata – e dunque, la scelta resta ai genitori se accompagnare o meno i propri figli durante la visione, magari spiegando loro il termine e offrire un contesto (anche storico) del motivo per cui questo era utilizzato e oggi è ritenuto offensivo.

Non è la prima volta che il Regno Unito si pronuncia in merito ad un ripensamento di alcune terminologie che, al giorno d’oggi, sono considerate arcaiche o discriminatorie. Qualcosa di simile è accaduto in relazione ad alcuni romanzi dello scrittore per l’infanzia Roald Dahl, per cui la casa editrice che ne detiene i diritti in UK, Puffin Books, ha scelto di eliminare alcune parole per rendere le opere più inclusive. Sono diverse le opere su cui la casa editrice è intervenuta (tra cui “Le streghe”, “Matilda”, “Il Ggg” e “La fabbrica di cioccolato”), in particolare quelle contenenti riferimenti ritenuti “grassofobici” o ad autori come Joseph Conrad e Rudyard Kipling, associati a ideologie razziste.

di Fabrizia Malgieri

© Copyright 2024 Editoriale Libertà