Il terrore corre sull’Arda: così la parabola politica prende i colori di un trip
“57 Channels (And Nothin’ On)”, cantava Bruce Springsteen nel 1992. Trentadue anni dopo, i nostri abbonamenti a decine di piattaforme streaming ci danno solo l’illusione di poter accedere a un’offerta infinita. Certi titoli sono recuperabili unicamente con i supporti digitali. È il caso de “Il prato macchiato di rosso”, B-movie molto eccentrico degli anni ’70 girato tra Fiorenzuola e Castellarquato, per lungo tempo disponibile solo in dvd. Fino a quando, lo scorso 4 marzo, quasi a sorpresa, nel cuore della notte, il film spuntò su Rete 4 in un scintillante master hd.
Diretto da Riccardo Ghione e interpretato da Marina Malfatti, Enzo Tarascio, Daniela Caroli, George Willing, Nino Castelnuovo, Dominique Bosquero e Lucio Dalla, il film si apre in una location di mare, dove, al porto, un ispettore (Castelnuovo) fa una scoperta scioccante: una bottiglia di vino di una famosa casa vinicola italiana contiene del sangue umano. Nel frattempo, a Piacenza, una giovane hippie e il suo amico americano si imbattono in un individuo amichevole che li porta nella villa dove abita insieme alla sorella e il cognato. In questa elegante dimora, i due giovani incontrano strani personaggi: una zingara, una prostituta e un inquietante ubriacone. Il padrone di casa rassicura i visitatori dicendo che ama invitare persone eccentriche e che lui stesso è solo un produttore di vino. Tuttavia, la realtà è ben diversa, e i ragazzi scoprono che i loro anfitrioni uccidono gli ospiti scelti abitualmente tra i reietti della società, e che il produttore di vino è un folle che ha creato una macchina capace di succhiare il sangue dai corpi delle persone per poi rivenderli a cliniche e ospedali. Sarà troppo tardi per le altre donne, ma l’ispettore arriverà in tempo per salvare i due ragazzi.
Grazie a Nando Mainardi, grande esperto sia del genere cinematografico, sia della zona, abbiamo ricostruito la sua storia: “I due proprietari della casa di produzione, Canguro Cinematografica, erano due ispettori di produzione che avevano lavorato anche su un film girato in Valdarda, “I lupi attaccano in branco”, con Rock Hudson e Sylva Koscina. La loro avventura in solitaria, nonostante un cast di tutto rispetto che comprendeva Nino Castelnuovo, Marina Malfatti ed Enzo Tarascio, si è conclusa subito dopo questo unico film. La storia è completamente folle e sgangherata, ma il suo carattere estremo la rende interessante: racconta di una coppia di nazistoidi che con falso spirito filantropico ospitano in una villa sbandati, prostitute, ubriaconi, barboni, e poi li uccidono con un robottone da B-movie anni ’50 che succhia il loro sangue, che poi loro vendono in bottiglie di vino.
Castelnuovo è l’ispettore che segue la traccia del sangue e Lucio Dalla, che firma e canta la canzone che apre e chiude il film (e che non compare mai nella sua discografia ufficiale, una sorta di canzone fantasma) è uno dei barboni della villa”. Se le curiosità sono tantissime, dal titolo di lavorazione che era “Vampiro 2000”, alla protagonista femminile, Daniela Caroli, che poi diventerà una celebre doppiatrice, e sarà la voce di molti personaggi femminili di cartoni animati giapponesi, alla presenza di Dominique Bosquero, di cui Mainardi è diventato amico e alla quale ha dedicato la biografia “La ragazza occitana. Vita movimentata di Dominique Boschero”, edito da Manni, le assurdità della trama rendono giustizia alla fama di “trash cult” del film: “Stupisce che questa produzione da “Armata Brancaleone” sia riuscita ad avere un attore come Castelnuovo, che era molto famoso all’epoca perché nel 1967 aveva interpretato il ruolo di Renzo Tramaglino nella riduzione televisiva de “I promessi sposi”, ma anche Marina Malfatti e Enzo Tarascio erano attori popolari degli sceneggiati Rai, e poi la stessa Boschero e Dalla, che era stato a Sanremo e aveva già al suo attivo due hit come “4 marzo 1943” e “Piazza Grande” erano tutti nomi importanti che sono finiti chissà come in quest’opera follemente delirante”.
Anche se siamo evidentemente in un ambito di genere, dal thriller all’horror al soft core, il film ha velleità politiche e da un certo punto di vista, anche artistiche: “La metafora è evidente: ci sono i ricchi che ospitano i poveri con finta magnanimità per poi abusarne e ucciderli. Ma non solo: i dialoghi tra Tarascio e la Malfatti, che sembrano così artefatti e fuori luogo in un film di genere, si rifanno a quelli dei grandi titoli di Bergman o Antonioni, e il grottesco diventa sublime quando Castelnuovo si presenta come agente dell’Unesco”.
di Barbara Belzini
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