La mafia, la Russia e la psicologia infantile

Capaci di stimolare le aree cerebrali responsabili del processo decisionale, il pensiero strategico di livello superiore e la risoluzione dei problemi, i giochi da tavolo hanno anche la cattiva fama di essere complessi da imparare e lenti da giocare.

C’è però una tipologia di board game capace di scardinare queste convinzioni e coinvolgere in una partita anche i più scettici, si tratta dei giochi di deduzione, detti “Social deduction game”.

Caratterizzati da un regolamento semplice da spiegare, questo genere prevede spesso la presenza di due schieramenti e chiede ai giocatori di usare logica e ragionamento deduttivo per determinarne i ruoli e capire di chi fidarsi e chi invece rappresenta una minaccia. Anche se le origini di questa meccanica si perdono nella notte dei tempi, Mafia è sicuramente uno dei titoli più importanti per la nascita dei “social deduction” moderni.

Creato nel 1986 da Dimitry Davidoff con lo scopo di combinare la ricerca psicologica con i suoi doveri di insegnante di scuola superiore a Mosca, prevede lo scontro tra due gruppi: mafiosi e cittadini. Solo i mafiosi, che sono la minoranza, sanno chi sono i loro alleati e nel corso della fase “notturna” di un round possono uccidere segretamente altri partecipanti. Nella successiva fase diurna sono i sopravvissuti a discutere su chi siano stati i colpevoli e votano per eliminare un sospetto. Il gioco continua finché una fazione non raggiunge la sua condizione di vittoria: per i cittadini eliminare la minoranza malvagia, mentre per i mafiosi raggiungere la parità numerica con l’altra fazione.

Il gioco divenne molto popolare nei college e nelle università sovietiche, aiutato anche dal successo della serie televisiva italiana La Piovra con Michele Placido, trasmessa in Russia nel 1986. All’inizio degli anni ‘90, la popolarità di Mafia lo portò a diffondersi prima in Europa (in alcuni casi con il titolo City of Palermo) e poi negli Stati Uniti.

Nel 1997, lo sviluppatore di giochi di avventura testuali per computer Andrew Plotkin, cambiò alcuni elementi del gioco sostituendo i mafiosi con i lupi mannari, dandogli un’ambientazione medioevale e conferendo ad alcuni giocatori dei ruoli speciali. Adesso intitolato Werewolf (Uomo lupo in inglese), il gioco ha continuato a ottenere successi in tutto il mondo e nel corso degli anni ha visto tante nuove in-carnazioni commerciali come One Night Werewolf (2012) e Ultimate Werewolf (2014).

Con una tale popolarità, non potevano mancare le polemiche: nel giugno 2006 venne avviata un’inchiesta in una scuola del New Hampshire in America dopo che alcuni genitori si erano lamentati degli effetti traumatici del Social Deduction Game. A queste lamentele rispose direttamente Davidoff asserendo che dall’alto dei suoi 25 anni di studi di psicologia garantiva che lo scopo del suo gioco era in realtà «insegnare ai ragazzi come distinguere ciò che è giusto da ciò che è sbagliato».

A dimostrare come questo genere sia adatto a ogni occasione e per ogni tipologia di giocatore, c’è il recente picco di popolarità, sia di Mafia che di Werewolf, verificatosi durante la pandemia di Covid, quando durante il confinamento in molti organizzavano partire usando strumenti di videoconferenza come Zoom in cui venivano coinvolti membri della famiglia, amici e, addirittura, avversari casuali.

di Carlo Chericoni

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