Scarlett Johansson contro OpenAI: «La mia voce rubata da ChatGPT»

Avete mai visto “Her”? La pellicola del 2013 – scritta e diretta da Spike Jonze – racconta la storia di Theodore (Joaquin Phoenix), un uomo timido e introverso, che, dopo un difficile divorzio dall’amore della sua vita, si chiude in se stesso e si affida alla tecnologia in modo esclusivo per intessere gli unici contatti con il mondo esterno. Ed è proprio attraverso l’utilizzo di una app che si innamora della voce di un’interfaccia femminile, Samantha (Scarlett Johansson), che a poco a poco, anche grazie ai dialoghi con Theodore, prende la forma dell’amante che ha sempre desiderato. Una storia d’amore struggente in un futuro sempre più vicino, che riflette sul senso di solitudine che la tecnologia porta inevitabilmente con sé, nonostante si proponga di essere sempre più social.

Opera cupa e potente, “Her” deve il suo successo soprattutto alle eccezionali performance attoriali di Phoenix e Johansson, e proprio quest’ultima è stata di recente protagonista di un contenzioso legale molto complesso – e questo, proprio a causa dell’uso improprio che è stato fatto della sua voce.

Ma partiamo dall’inizio: lo scorso 21 maggio, il “New York Times” pubblica una lettera dell’attrice, in cui racconta che Open AI (la società di ChatGPT) l’avrebbe contattata per chiederle l’utilizzo della sua voce per un’assistente umanizzata con il quale dialogare, chiamata Sky, che sfrutta la tecnologia Gpt-4o. A fronte della richiesta da parte dell’azienda di Sam Altman, Johansson avrebbe gentilmente negato il consenso dopo aver valutato la proposta a lungo. Storia finita? A quanto pare, no. Come raccontato nella lettera aperta al quotidiano newyorkese, OpenAI avrebbe alla fine optato per utilizzare comunque la voce di Johansson nel sistema Sky o, meglio, una voce che assomiglia molto a quella dell’attrice, al punto da essere indistinguibile da quella originale. « Nove mesi dopo [aver declinato l’offerta, ndr]», racconta l’interprete di “Her”, «i miei amici, la mia famiglia e il pubblico in generale hanno tutti notato quanto il nuovo sistema chiamato “Sky” parlasse come me». È stato allora che Johansson ha mobilitato il suo esercito di avvocati contro il colosso statunitense, richiedendo l’immediata rimozione della voce dal sistema. E poi un allarme, forte e chiaro: « In un’epoca in cui siamo tutti alle prese con i deepfake e con la tutela della nostra immagine, del nostro lavoro, della nostra identità, credo che queste siano domande che meritano assoluta chiarezza» scrive in conclusione l’attrice nella sua lettera. «Attendo con impazienza una soluzione sotto forma di trasparenza e l’approvazione di una legislazione adeguata a contribuire a garantire la tutela dei diritti individuali».

La lettera di Scarlett Johansson fa eco a una serie di iniziative che diversi artisti di tutto il mondo portano avanti oramai da tempo: è di poche settimane fa la petizione sottoscritta da oltre 200 persone tra cantanti e musicisti internazionali (tra questi Nick Cave, Billie Eilish e Imagine Dragons), che richiedono maggiori tutele e rassicurazioni sull’uso dell’intelligenza artificiale nel creare musica al giorno d’oggi. Non solo il mondo della musica: anche il cinema si è sentito minacciato dall’annuncio di Sora AI, l’avveniristico modello di intelligenza artificiale, sviluppato da OpenAI, in grado di creare veri e propri filmati senza l’ausilio di riprese e attori in carne ed ossa (ne avevamo parlato poche settimane fa in questa rubrica). Vere e proprie crociate nei confronti di ChatGPT, tutte mirate a salvaguardare e a proteggere il lavoro artistico di molti performer che con l’avanzata di queste nuove tecnologie si percepiscono sempre più a rischio. Quale futuro attende, dunque, la creatività e la socialità dell’essere umano? Sarà esattamente come quello pronosticato da Spike Jonez nel suo “Her” dieci anni fa?

di Fabrizia Malgieri

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