Acqua e sale, sole e Mario: è ora di rivalutare il dimenticato Sunshine

Di Andrea Peroni 02 Agosto 2022 04:28

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Una calda estate, un idraulico baffuto e un innovativo platform tridimensionale. Cosa mai potrebbe andare storto? Tante cose, se il tuo nome è Super Mario Sunshine. Da pochi giorni l’avventura a tema acquatico del buon Mario ha tagliato il traguardo dei vent’anni di vita, un periodo durante il quale il gioco è stato lentamente riscoperto dal pubblico e rivalutato in positivo, complice anche la collection 3D All-Stars uscita su Switch nel 2020. Come se ce ne fosse bisogno, peraltro. Super Mario Sunshine è sempre stato un platform visionario e imperdibile, eppure all’epoca della sua uscita non venne compreso da molti giocatori.

Il che, ammettiamolo, è incomprensibile, non solo perché Super Mario Sunshine innovava ancora una volta il modello dei platform tridimensionali, ma perché la bellezza del gioco è rimasta intatta dopo tanti anni. Si dice che la prova più difficile da sostenere per un videogioco sia quella del tempo, e si può dire che Sunshine l’abbia superata a pieni voti. Lo ha dimostrato la già citata collection per Switch, che dopo ben 20 anni ha finalmente permesso a molti di giocare l’originale gioco apparso su GameCube nel 2002, mettendo in evidenza idee ancora oggi stupefacenti.

 

 

Il buon Shigeru Miyamoto, direttore creativo della serie e produttore del gioco in questione, recuperò in toto il concept di Super Mario 64, riconosciuto all’unanimità come uno dei più grandi capolavori che l’industria videoludica avesse mai realizzato. Naturalmente le ambizioni della grande N e di Miyamoto, che amava stupire e sperimentare in ogni modo possibile, andarono in direzione di qualcosa di nuovo per quello che inizialmente era intitolato Super Mario 128, trasformato poi in corso d’opera in Sunshine e dirottato su GameCube. Gli sviluppatori avevano bisogno di più potenza di calcolo, velocità, poligoni; caratteristiche queste che il buon vecchio N64 non poteva più garantire, ma per fortuna la nuova generazione era alle porte, ed ecco che Miyamoto ha l’idea che si rivelerà essere la fortuna del gioco: aggiungere un comprimario.

Luigi? Yoshi, comunque presente in varie occasioni? Un’improbabile alleanza con Donkey Kong o Wario? Niente di tutto questo: il co-protagonista di Sunshine diventa lo Splac-3000, un dispositivo a base di acqua che Mario recupera pochi istanti dopo il suo arrivo all’Isola Delfinia cambiando radicalmente il suo modo di muoversi e agire. Sebbene l’idraulico baffuto sia in grado di eseguire tutte le mosse disponibili su SM64, in Sunshine l’implementazione dello Splac-3000 faceva schizzare la velocità di esecuzione, garantendo poi maggiore verticalità e chiedendo inoltre al giocatore riflessi ancor più accorti – forse troppo in alcuni casi, motivo per cui certi Soli da recuperare diventano frustranti a differenza delle Stars del gioco precedente. L’Isola Delfinia, poi, così come tutte le ambientazioni ad essa legate, era piacevole, fresca e riposante, esattamente come la vacanza che Mario sperava di prendersi dopo le fatiche della sua ultima avventura.

 

Il più esotico tra tutti i Mario 3D è anche quello che ha osato tantissimo nel momento in cui molti altri si sarebbero adagiati sugli allori. Di fronte al successo di Super Mario 64, Nintendo è invece andata in cerca di qualcosa di ancor più nuovo e sbalorditivo, non senza qualche pecca che però perdoniamo all’opera finale. È vero, su questo è difficile controbattere: Super Mario Sunshine è il peggior Mario 3D di sempre, in varie componenti impallidisce di fronte agli altri capitoli della serie, ma allo stesso tempo è uno dei platform più incredibili mai realizzati, anche tecnicamente parlando, vista l’epoca di riferimento. Non avrà la ricchezza nella varietà dei mondi di SM64, non avrà il fascino della serie Galaxy, non avrà l’incredibile quantità di contenuti e trovate di design che abbiamo trovato su Super Mario Odyssey. Però, diamine, Sunshine resta una perla tutta da scoprire, se non l’avete mai fatto.

 

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