Futuro demografico: “Entro il 2030 la popolazione piacentina calerà dell’1,1%”

29 Settembre 2022 12:26

“Il rischio di un calo di abitanti via via progressivo dopo il 2030 è uno scenario reale. Ora, e in un prossimo futuro, nei due territori emiliani più settentrionali si riscontrano dinamiche demografiche simili ma non sovrapponibili, con conseguenze che per Piacenza sul piano economico, sociale e culturale implicano un declino”.

E’ quanto emerso nel corso del convegno sulle prospettive delle tendenze demografiche nelle due province, organizzato dalla Cisl di Parma e Piacenza. Presenti i sindaci dei comuni capoluogo, sia di Piacenza che di Parma, cioè Katia Tarasconi e Michele Guerra che hanno dichiarato il loro impegno “per la ricerca di soluzioni facendo squadra”.

IL DATO PIACENTINO – Stando alle previsioni fornite dall’Istat relative alla variazione della popolazione residente totale, a livello provinciale e nel periodo 2020-2030 il calo di popolazione nel nostro territorio dovrebbe attestarsi intorno all’1,1%.

I DATI REGIONALI – A livello regionale la situazione si presenta molto diversificata: gli incrementi demografici più forti si dovrebbero registrare nelle province di Parma (+2%) e Bologna (+1,9%), seguite da Rimini (+1,2%) e Modena (+0,7%); i cali di popolazione più intensi dovrebbero invece riguardare la provincia di Ferrara (-5,3%), seguita a larga distanza da Ravenna (-1,6%), Piacenza (-1,1%), Forlì-Cesena (-0,6%) e Reggio Emilia (-0,1%).

LA STRUTTURA PER ETA’ DELLA POPOLAZIONE NELLE PROVINCE AL 2030
Il dato della variazione relativa attesa per il contingente da 15 a 29 anni è invece positivo in tutti i territori provinciali e raggiunge il valore più elevato a Bologna (9,8%), seguita da Ravenna (9,6%), Rimini (9,5%), Forlì-Cesena (8,7%) e Parma (7,8%).
A Piacenza tale crescita si attesterà intorno al 4,2%.
La tendenza ritorna nettamente negativa quando si prende in esame la fascia da 30 a 44, dove si concentrano la popolazione in età lavorativa nel cuore dell’età adulta e le donne con i maggiori livelli di fecondità. Le province dove si attendono cali sensibilmente superiori alla media regionale sono quelle di Ferrara (-10,9%) e Reggio Emilia (-10,7%), seguite da Forlì-Cesena (-9,6%), Ravenna (-9,1%) e Rimini (-8,7%); i territori provinciali dove il calo atteso si presenta più attenuato sono quelli di Piacenza (-3,3%), Bologna (-5,6%) e Parma (-5,7%).

IL COMMENTO DI KATIA TARASCONI – Il sindaco di Piacenza, Tarasconi, nel corso dell’incontro ha ha spiegato che sulla crisi demografica “non si deve perdere tempo come invece è accaduto, per esempio, nel caso della definizione delle politiche energetiche, da 10 anni a questa parte. La donna – ha puntualizzato – va integrata maggiormente nel mondo del lavoro e considerata anche mamma e non solo lavoratrice”.

Per Daniela Fumarola, segretaria nazionale Cisl presente al convegno, bisogna prima di tutto cessare di vedere gli investimenti in coesione sociale alla stregua di mere spese. “Alla luce dei dati e delle proiezioni demografiche, è evidente – ha spiegato – che quello che non mettiamo oggi sulla coesione, rischiamo di pagarlo domani moltiplicato in termini di spesa assistenziale, per non parlare dei costi che le famiglie potrebbero dover sostenere come privati. Servono politiche sul lavoro adeguate, per le quali il sindacato chiede una governance partecipata. Vanno rilanciate le politiche abitative ed approvata la legge delega sulla non autosufficienza, con il diritto alla casa come primo luogo di cura per assistere le persone anziane. Occorre una sanità adeguata, e interventi a favore della natalità con politiche di sostegno alle famiglie, promuovendo la conciliazione vita-lavoro e la parità di genere. E’ necessario far entrare tutti questi temi in un nuovo patto sociale, ha concluso la dirigente della Cisl, in modo che esso possa essere da traino per la ripresa economica di questo paese, patto che noi come Cisl, rivendichiamo da tempo”.

Il segretario generale Cisl Parma Piacenza, Michele Vaghini, ha sollecitato i sindaci delle due province “a sviluppare misure innovative di welfare che permettano di ricostruire il tessuto di fiducia verso il futuro. Interventi sulla formazione scolastica e professionale, sulla riduzione del carico famigliare dell’ assistenza a favore degli anziani e nuove politiche d’inclusione ed integrazione dei cittadini stranieri, sono misure non più eludibili. Così come la certificazione dei comuni, maggiori sgravi fiscali ad aziende che fanno politiche di conciliazione vita e lavoro e la rimodulazione dei servizi delle città. Particolarmente preoccupante è la prospettiva per i comuni delle aree collinari e montane. Dobbiamo chiederci – ha notato – quali forme di erogazione dei servizi promuovere e quali condizioni possono esserci per lo sviluppo di micro-economie locali, per attirare giovani imprenditori ed evitare che una parte importante del nostro territorio venga abitata in maggior parte da persone anziane, talvolta anche non autosufficienti. Abbiamo tre leve per agire sulle politiche famigliari: flessibilità lavorativa, sostegno economico con il riordino ed il rafforzamento delle attuali agevolazioni e l’ampliamento dei servizi sul territorio”.

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