Verso Villa Ortega per portare attrezzature e giochi: diario di bordo di Raid for Aid

15 Novembre 2023 05:00

Il viaggio della solidarietà di Raid for Aid è entrato nel vivo. I quattro motociclisti della associazione guidata da don Silvio Pasquali, partiti da Piacenza sabato 4 novembre con destinazione Villa Ortega in Cile per portare la “giustizia educativa”, attrezzature informatiche e ricreative ai ragazzi di una piccola scuola rurale, hanno inviato un primo diario di bordo. Eccolo.

Dopo un’avventura aerea di quasi 24 ore atterriamo finalmente a San Carlos de Bariloche dove ci attendono le nostre moto per continuare il viaggio sudamericano sospeso nel dicembre scorso. Con cure amorevoli le risvegliamo dal loro letargo e loro, con una certa riluttanza, forse perché offese per il lungo abbandono, rispondono da prima tossicchiando svogliatamente poi con vigorosi ruggiti sempre più entusiastici. Qualche spesa necessaria in una giornata uggiosa – una passeggiata nel centro di Bariloche, stazione sciistica tra le più rinomate dell’intero Sud America, famosa anche per il suo prelibato cioccolato – e siamo praticamente pronti per partire.

Il giorno della partenza il cielo è coperto, la temperatura non arriva ai 10 gradi, ma almeno non piove. Carichiamo le moto, un rito che si ripeterà, sempre uguale, per il prossimo mese e… comincia a piovere. Aspettiamo qualche decina di minuti, poi l’entusiasmo ha il sopravvento sulla ragione, così infiliamo le tute antipioggia e il viaggio ha inizio.

I primi 200 km li percorriamo nel Parco dei Sette Laghi dove, tra un nuvola e l’altra, ammiriamo paesaggi veramente unici. San Martin de Los Andes è un villaggio veramente incantevole. Adagiato su una piana riparata si specchia nell’omonimo lago dalle acque turchesi. Le Ande a fare da cornice. È la seconda volta che passiamo di qui ma la sensazione di pace e tranquillità che si respira in questo luogo ci indurrebbe a fermarci qualche giorno in più. Mentre siamo alla ricerca di un gommista per controllare la pressione degli pneumatici facciamo la conoscenza di Fernando che, incuriosito dalle targhe italiane, comincia a parlare con noi e, anzi, ci invita a casa sua dove ha tutto quello che ci serve. Mentre controlliamo gli pneumatici ci confessa di aver lavorato 12 anni in Italia, tra Milano e Riccione, e di essere tornato perché, parole sue, “avevo bisogno di una vita più tranquilla”. In effetti non è solo qui a San Martin che la vita sembra avere un ritmo più “umano”; abbiamo riscontrato questo approccio meno frenetico alla quotidianità anche nei viaggi precedenti. Mettere fretta a un argentino o, più genericamente, a un sudamericano significherebbe solo mandarlo in confusione e probabilmente ottenere il risultato contrario.

Per incontrare la dogana cilena raggiungiamo il passo Cardinal Samorè dove troviamo ancora la neve. La discesa ci porta a temperature più accettabili e una vegetazione veramente lussureggiante. Le colline sono punteggiate qua e là di piccole casette colorate di legno. Un paesaggio rilassante dominato dalla cima imbiancata del Vulcano Osorno, gigante dormiente che si staglia all’orizzonte. Nel parco regionale Vicente Perez Rosales, il parco più antico del Cile istituito nel 1926, visitiamo il saltos de Petrohuè , una fragorosa serie di cascate che scorrono impetuose attraverso un canyon scavato nella roccia vulcanica. L’isola di Chiloè dista ancora un centinaio di chilometri. La raggiungiamo con una piccola traversata di 10 minuti in traghetto. Stanno costruendo un ponte per unirla alla terraferma. Ancora un paio di anni e poi, lentamente anche quello spirito indipendentista, fiero e battagliero dei ciloti verrà meno. Quasi una etnia a parte, un popolo di balenieri, tra cui Francisco Coloane, uno dei più grandi e riconosciuti scrittori cileni, e maestri d’ascia. Un’isola lunga 180 km e larga 50 dove si trovano più di 150 chiese in legno di cui 16 dichiarate patrimonio dell’umanità dall’Unesco. Dei veri gioielli.

A Castro, la capitale dell’isola, ammiriamo anche i palafittos, vere e proprie palafitte tuttora abitate. In questo fiordo la marea dell’Oceano Pacifico è così evidente che i pescherecci alla mattina sembrano abbandonati su una spiaggia mentre alla sera galleggiano tranquillamente. Per tornare sulla terraferma prendiamo un traghetto alle 11 di sera, una traversata di cinque ore che ci lascerà alle 4 del mattino nel piccolo porto di Chaiten da dove riprenderemo il nostro viaggio sulla mitica ruta 7, la Carretera Austral.

 

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