Candidature agli Emmy 2020

La candidatura agli Emmy di Brad Pitt per la sua imitazione del dottor Fauci (se lo avete perso recuperatelo qui) annunciata ieri ci offre lo spunto per fare una carrellata su quelle che sono state ritenute le migliori serie tv dell’anno, e di cui parliamo sempre con Eleonora Bagarotti. Come sempre, il vizio di fondo degli Emmy è che le categorie sono talmente tante che è difficile per una serie non rientrare, ma, in un’offerta che sembra senza limiti e finito lo strapotere di “Game of Thrones”, è interessante vedere che cosa rimane tra le pagine chiare e le pagine scure.
Millemila candidature (26) per “Watchmen che parte dal fumetto di culto di Alan Moore e Dave Gibbons del 1986 e ne prosegue il racconto, messa in scena dallo showrunner Damon Lindelof (quello che con “Lost” ci ha tenuti attaccati allo schermo per qualche anno, quello di “The Leftovers”, mai abbastanza celebrata). “Watchmen” è ambientata in un 2019 alternativo, dove le tensioni razziali sono altissime a causa degli ingenti risarcimenti governativi istituiti a favore dei discendenti delle minoranze afro-americane che sono state massacrate all’inizio del XX secolo. Sembra una vecchia storia, è una storia attualissima, che ci mette di fronte alla politica di questi anni, al razzismo, al fanatismo, alla gestione e al controllo sociale, all’eredità che ci è stata lasciata e a quella che vorremmo lasciare. E tutto è avvolto in una confezione raffinatissima: “Watchmen” ha uno stile mozzafiato, e Sorella Notte (Regina King) e Oxymandias (Jermey Irons) resteranno per sempre nel nostro immaginario televisivo.

Altre 20 nomination per una delle nostre preferite, “The Marvelous Mrs. Maisel”: arrivata alla terza stagione, la serie è sempre fresca e ritmata come uno schioccare di dita, scintillante come il mondo della stand up comedy, divertente come solo l’umorismo ebraico. Tutti i protagonisti sono perfetti, ma a questo giro riserviamo un pensiero speciale a tutto quello che gira intorno a Midge Maisel e Lenny Bruce, e ci speriamo sempre.

Belle notizie anche per “Succession”, che prosegue il suo “ritratto di famiglia in un interno”, attingendo a piene mani, se non proprio ai melodrammi viscontiani, a materiali narrativi comunque abbastanza vicini. Creata da Jesse Armstrong, già autore del fortunato “Veep”, e prodotta da Will Ferrel e Adam McKay (“La grande scommessa”, “Vice”), la serie è ambientata a Manhattan e racconta la storia della famiglia Roy, guidata dal magnate della comunicazione Logan Roy (ispirato al tycoon Robert Murdoch). Si parla molto di finanza, ma con un ottimo livello di scrittura, uno stile di regia ben definito, bei personaggi, dialoghi interessanti con una buona dose di humour, mirabilmente riassunta nella scena in cui il capostipite bullizza la famiglia allargata del consiglio di amministrazione durante una gita aziendale in Ungheria in una scena che sembra presa da un film di Peter Greenaway. Tutti vivono ad altissimo livello di stress in “Succession”, sempre sul filo di qualcosa che potrebbe rovinarli nel giro di un secondo, come i personaggi di “Billions” (che, si fatica a crederci, è scritta anche meglio). Ma sempre di famiglia si tratta, e ci si commuove sempre un po’.

Tra le altre candidate, ovviamente tifo fortissimo per “Euphoria”, di cui abbiamo già parlato qui  e che rimane una delle cose migliori mai viste in televisione: sei candidature, una meritatissima per Zendaya, manca una nomination (ed è una vergogna) per Hunter Schafer, una rivelazione nel ruolo della diafana ragazza transgender.
Ed infine, ho molto amore per “The Mandalorian” dell’universo allargato di “Star Wars”, che racconta cosa succede dopo la caduta dell’Impero attraverso un guerriero senza nome che protegge un potentissimo baby Yoda, per la terza stagione di “Killing Eve” e le sue favolose protagoniste, e per le intelligenti miniserie “Unbelievable” e “Unortodox”.

I premi saranno assegnati il 20 settembre: and may the odds be ever in your favour.

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