«Vivo creando giochi da più di sette anni sono un autore libero e mi piace tantissimo»

È strano che, al di fuori di una stretta cerchia di appassionati, pochissimi siano a conoscenza del fatto che tra i settori in cui la creatività italiana eccelle, ci sia anche quello della creazione di board game. Apprezzati in tutto il mondo, i nostri game designer sono, infatti, stati capaci di imporsi tra gli appassionati di giochi da tavolo grazie alla creazione di veri e propri successi internazionali. Tra di loro spicca l’ospite di oggi per la rubrica “Senza corrente”, Andrea Chiarvesio, creatore di giochi dal 2006 e dal 2017 uno dei designer di punta di CMON, casa editrice di giochi da tavolo con sede a Singapore, tra le più apprezzate del settore.

Perdonaci Andrea se partiamo subito con una domanda “spinosa”, pensi che al momento questo hobby abbia raggiunto nel nostro Paese il massimo del suo potenziale di pubblico o c’è qualcosa che si può fare per aumentarne la diffusione?

« I giochi da tavolo sono una delle tante forme di intrattenimento e socializzazione che abbiamo a disposizione, e non si può pensare che debbano per forza piacere a tutti. Premesso questo, quasi ogni giorno mi capita di incontrare persone la cui esperienza di giochi da tavolo è ferma ai grandi classici, magari giocati in famiglia, e alcune di queste persone si dimostrano curiose e vorrebbero saperne di più. Quindi direi che siamo ben lontani dall’aver raggiunto il massimo potenziale di pubblico. Su come fare per aumentarne la visibilità non ho una ricetta pronta in tasca, credo che rubriche come questa aiutino, e serve parlare della nostra passione con entusiasmo, sapendo però essere inclusivi e pazienti con chi si avvicina a questo bellissimo mondo per la prima volta. Credo che i negozi specializzati possano avere un ruolo fondamentale in questo senso, perché a differenza degli scaffali della grande distribuzione o dei servizi di vendita online, lì è possibile trovare persone competenti che capiscono se per qualcuno che si sta avvicinando a questo mondo è meglio iniziare, tanto per fare qualche nome più o meno casuale da Zombicide, Pandemic, Bang!, Ticket to Ride oppure Marvel United».

Com’è iniziata la tua passione per questo mondo?

«Si tratta di una passione che ho sempre avuto, fin da quando avevo l’età che adesso ha mio figlio (4 anni): chiedevo in regalo giochi da tavolo e mi divertivo a provarli e inventarne di nuovi. All’epoca – erano gli anni Settanta – numerose case editrici italiane o attive in Italia come Clementoni, Editrice Giochi, Mattel e la mai troppo elogiata International Team (sono certo che me ne sto dimenticando altre, chiedo venia), pubblicavano titoli innovativi e all’avanguardia».

È possibile vivere di creatività in questo settore o il game design in Italia può essere visto solo come un secondo lavoro?

« Penso di essere la prova vivente del fatto che sia possibile, dal momento che è la mia professione da circa sette anni! E non sono il solo. Per la maggior parte degli autori però, certamente, specie se non ancora affermati, è un secondo lavoro come lo è stato per me nel quindicennio precedente. Avere un primo lavoro differente e operare da autore freelance ti permette anche maggiore libertà nel processo creativo, e i posti di lavoro nel settore non sono moltissimi, quindi per chi volesse seguire questa strada, il mio consiglio è di considerarlo un secondo lavoro per poi essere eventualmente pronti a cogliere un’occasione, qualora questa si presentasse».

 

Il tuo gioco d’esordio, Quack Cards, permette di vivere una giornata nei panni del personaggio Disney Paperino. Che ricordi hai di quella prima esperienza creativa?

« Molto belli. Sono da sempre un lettore di fumetti, e potermi confrontare con personaggi così amati e versatili è stata una bella emozione. Il Paperino del gioco è un eroe dai tratti quasi epici, che si ribella alla sfortuna che lo perseguita, cercando di avere la giornata migliore possibile, nonostante l’inevitabile jella. Il tutto attraverso poche, semplici regole. Mi riempie di soddisfazione poter dare in qualche modo la “mia” personale interpretazione di personaggi così famosi, anche solo attraverso le regole di un gioco».

Tra le tue ultime creazioni c’è Marvel United, un cooperativo con i noti supereroi molto amato in tutto il mondo. Com’è stato il processo creativo per la creazione del gioco? Hai sviluppato la meccanica di gioco in base al tema?

« Nel team di design di CMON partiamo sempre dal tipo di esperienza che vogliamo far vivere ai giocatori, in questo caso si trattava di dare la possibilità di rivivere le avventure dei fumetti e dei film di supereroi (non solo Marvel, a luglio partirà la campagna di crowdfunding di DC Super Heroes United, il secondo boardgame con lo stesso motore di gioco alla base), in partite di 20, 30 minuti al massimo e senza obbligare allo studio di un regolamento lungo e complesso. Nel gioco si va a creare, attraverso un meccanismo che abbiamo chiamato Storyline, una sorta di “fumetto” creato dai giocatori mentre muovono i propri eroi facendoli compiere le loro azioni eroiche. La resa finale è davvero bella e sono molto orgoglioso di come funziona il tutto, inoltre il successo che il gioco sta avendo lo testimonia».

Dai personaggi Disney a quelli Marvel, quali sfide ci sono nel lavorare a licenze così importanti?

«Gli aspetti positivi sono molteplici. Per me personalmente, il più importante è forse la possibilità di sentirmi per un momento quasi uno sceneggiatore che può dare la propria interpretazione di questi personaggi. Le difficoltà sono quelle che potete immaginare, tutto deve essere concordato e approvato dal licenziante e bisogna fare molta attenzione a non far agire i personaggi al di fuori delle linee guida che ci vengono fornite. Licenze così importanti hanno, fortunatamente, grandissimi professionisti che le curano, quindi tutto sommato le difficoltà vengono sempre gestite al meglio. Diciamo che gli aspetti positivi superano di gran lunga le inevitabili complessità».

Nel mondo dei giochi da tavolo, il nome dell’autore ha un certo peso tra gli appassionati. Per questa ragione senti mai la pressione del dover essere all’altezza dei tuoi precedenti successi?

« In un certo senso, sempre. Sento l’obbligo morale di offrire ai giocatori la migliore esperienza di gioco che sono in grado di creare, ma lo sentivo anche quando ero agli esordi. Il fatto che qualcuno possa comprare un gioco “sulla fiducia” dal momento che l’autore sono io mi sembra sempre quasi incredibile, anche perché i giochi da tavolo sono davvero il prodotto di un collettivo di lavoro e non di un singolo autore. L’importanza dell’editore, del producer, del grafico, degli illustratori, degli sviluppatori ecc… viene spesso sottovalutata dagli appassionati, che si concentrano sul nome del designer, ed è, secondo me, un peccato, oltre che concettualmente errato. Io mi sento un po’ l’equivalente dello sceneggiatore di un film: certamente una solida sceneggiatura è importante, ma il film è opera di un regista, degli attori, del compositore della colonna sonora, di chi cura scenografia e costumi ecc… mi sembra sempre bizzarro che nel mondo dei giochi da tavolo spesso l’unico nome sulla scatola e noto agli appassionati sia quello del designer ».

Come esperto del settore, quale titolo consiglieresti ai nostri lettori per avvicinarsi al mondo dei giochi da tavolo?

« Marvel United, ovviamente! Al di là di tutto, credo che la cosa migliore sia iniziare da un gioco il cui argomento vi possa appassionare a prescindere dai giochi da tavolo in sé. Avete sempre sognato di essere un pilota di auto da corsa, un pirata, un supereroe, un esploratore a caccia di tesori, un astronauta, un cowboy, un guerriero metropolitano in un mondo cyberpunk? C’è un gioco da tavolo che vi aspetta, pronto a farvi entrare in questo mondo bellissimo! ».

di Carlo Chericoni

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