Alzarsi dal divano e applaudire alla seconda stagione di “The Bear”

Dopo una prima stagione folgorante per scrittura e ritmo, “The Bear” è uscita dallo spazio claustrofobico della cucina del diner scalcinato del fu Mickey Berzatto e si è aperta allo spazio e al tempo senza perdere un battito della sua strepitosa energia.
Dopo aver scoperto il piano del fratello Carmy è sempre più determinato a trasformare il locale e si rivolge a zio Jimmy per un prestito, rischiando tutto: se non riusciranno a restituirlo entro 18 mesi, potrà vendere il terreno. Qui quelli che sanno fare i conti o quelli che lavorano nel settore dovrebbero abbracciare un momento di sospensione dell’incredulità, ma chi se ne frega, perché grazie a questo innesco riparte la migliore azione mai vista in una storia di ristoranti.

Tutti si rimettono in discussione: Tina e Ebrahim vengono spediti a una scuola di cucina, Marcus vola a Copenaghen a imparare la pasticceria da Will Poulter, Richie (che è un enorme irritante personaggio) va nel miglior ristorante del mondo a imparare come si lavora e si vive nel mondo, a partire dal rispetto di sé stesso e dall’incontro con Olivia Colman, Sidney fa ricerca nell’anima food di Chicago e Carmy, beh Carmy reincontra Claire, che “Tu sei The Bear e io mi ricordo di te” e Carmy comincia subito a dilaniarsi tra l’amore e l’ossessione per il lavoro. Carmy e Claire si guardano mentre Michael Stipe canta sullo sfondo e tu sai che le ha dato un numero di telefono sbagliato, perché sei nella sua testa e la sua testa dice che Claire è una distrazione.

Paradossalmente, in questa serie che ti ricorda quanto sia bello fare qualcosa con le mani invece che continuare a digitare sui tasti, la scrittura del suo autore Christopher Storer è sempre di altissimo livello e mentre la storyline orizzontale porta avanti la crescita dei singoli personaggi, arriva improvvisamente la puntata della Storia della Televisione.
Mi capita spesso di parlare con gli schermi, in casa e anche al cinema: a volte mi congratulo, a volte mi lamento, ma raramente mi spingo fino ad alzarmi dal divano e applaudire, come ho fatto qui: “Fishes” è la sesta puntata della seconda stagione: è un flashback ambientato a Natale, cinque anni fa, e Mickey è vivo e la moglie di Richie è incinta e lo ama ancora, tra i commensali ci sono Bob Odenkirk, Sarah Paulson, John Mulaney e una meravigliosa Jamie Lee Curtis che è Donna Berzatto, la madre.

Nel sangue di Donna scorre quella vena di autodistruzione e disturbo della personalità che è l’inizio e la fine della storia di tutti i fratelli Berzatto. Nella cucina di Donna c’è l’amore e l’inferno, il timer che continua a suonare, il sugo che arriva anche sul soffitto e Nat che butta gli alcolici nel lavandino. Negli occhi di Donna c’è la famiglia che ti ama e ti sfama e ti divora per poi vomitarti.

E’ una puntata enorme e sconvolgente, così violenta che hai bisogno di riprenderti per rientrare nella narrazione, e tornare a apprezzare tutte quelle piccole scene di raccordo, come Carmy e Sid che si ritrovano aggiustando un tavolo, e proprio mentre ti stai rilassando e il ristorante prende forma e tutto sembra risolto ecco che la tensione risale.
Nostra madre della Vittoria prega per noi.

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